Intercettazioni inutilizzabili, il pm Vincenza Marra chiede il non luogo a procedere o l’assoluzione nel merito per circa cinquanta imputati. Traffico di droga e associazione mafiosa per un processo, uno dei tre filoni sul clan Nuvoletta, che si sta celebrando presso la prima sezione penale del tribunale di Napoli. Una sorta di «resa», quella della pubblica accusa, ufficializzata durante l’udienza di ieri e dettata essenzialmente dall’impossibilità di trascrivere gran parte delle intercettazioni, ambientali e telefoniche, che portarono all’arresto di cento persone, tra cui capi e gregari delle due potentissime organizzazioni criminali.
Le ordinanze di custodia cautelare, emesse nel lontano 2002, avevano tratto fondamento proprio da quelle intercettazioni oggi ritenute non più utilizzabili: fonti di prova che purtroppo sono andate disperse. Quelle intercettazioni, che erano state estrapolate in svariati contesti investigativi, prevedevano – come chiarito dai periti nominati dal tribunale – l’utilizzo di apparecchiature di registrazione oggi ritenute ampiamente superate e quindi non più trascrivibili in svariate parti. Tutto in alto mare, insomma. Il processo è destinato ad andare in archivio (le sentenze saranno pronunciate il 27 gennaio) con un nulla di fatto, dopo anni di lavoro e risorse impiegate dai magistrati inquirenti e dai carabinieri.
Le difese, in un simile contesto, hanno avuto vita facile e non hanno consentito alla pubblica accusa di avvalersi dei vecchi «brogliacci» utilizzati nelle prime fasi dell’inchiesta. Gli imputati erano difesi, tra gli altri, da Francesco Paone, Giorgio Pace, Onofrio Fioretto, Francesco Foreste, Antonio Briganti e Paolo Trofino.
Beneficeranno della situazione, per intervenuta prescrizione (tempo prezioso, infatti, è andato perso nel tentativo di ricostruire in modo valido gli elementi probatori) oppure per non aver commesso il fatto tutti gli imputati, molti dei quali già condannati negli altri filoni processuali riguardanti i Nuvoletta (secondo le difese si trattava, in pratica, di una duplicazione di altri processi) e in regime di detenzione.
Nomi di primo piano, come quello di Armando Del Core, alias «’o Pastore», condannato all’ergastolo per l’omicidio del giornalista del «Mattino» Giancarlo Siani. Nella lunga lista degli imputati figurano altri personaggi della malavita organizzata partenopea: c’è il boss Raffaele Abbinante, meglio noto come «Papele ‘e Marano», Luigi Esposito, alias «‘o Celeste», i rampolli della famiglia di Montesanto: Filippo Nuvoletto, già detenuto da alcuni anni, Giovanni e Salvatore Nuvoletta. E ancora: Giacomo, Giovanni e Ciro Gala, Giorgio Polverino, Vincenzo Baccante, Pasquale De Rosa, Francesco Abbinante, Antonio e Paolo Moccia, Ciro e Pasquale Esposito, Raffaele Orlando, Luigi Patriota, Michele Nappa, Antonino Nebbia, Gaetano Scarpato, Domenico Pandolfi, Fortunato Calvino, Sergio Leone, Giuseppe Noviello, Giovanni Carriello e Michele Moio.
L’indagine sui Nuvoletta, gli Abbinante e gli altri imputati era partita nel 1999. Un’inchiesta articolata, quella condotta dai carabinieri, che aveva fatto emergere le relazioni esistenti tra i due clan nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti. Nel mirino della magistratura napoletana, che si era avvalsa anche dei racconti di alcuni collaboratori di giustizia, erano finite cento persone.
Il principale collaboratore di giustizia è Massimo Tipaldi, affiliato al clan Nuvoletta e pentitosi proprio alla fine degli anni Novanta. Rivelazioni, riscontri che non avranno alcuna influenza su un processo che si trascina stancamente verso le battute finali.
Fernando Bocchetti e Mario Conforto
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