Gomorra dalla A alla Z. Faida di Scampia, il delitto Feldi: parlano i pentiti

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Da varie località in cui sono reclusi Giovanni Illiano e i fratelli Annunziata (Carmine e Gaetano), tutti e tre collaboratori di giustizia dal 2012,  in video conferenza  per discutere, attraverso l’esame dei verbali dei loro interrogatori (2012-2013) sull’omicidio di Francesco Feldi, detto «’o tufano», avvenuto il 19 febbraio 2011.

In questo filone processuale sulla terza faida di Scampia (2004-2011) è imputato Attanasio Liguori del gruppo scissionista Amato-Pagano, indicato come uno dei componenti del commando che fece fuoco sul ras delle famiglie Sacco-Bocchetti (Feldi) e ucciso nel suo rione: il Berlingieri. Ammazzato crudelmente perché secondo le logiche del sistema era diventato un «contrario»: dal sodalizio dei Licciardi della Masseria Cardone passò al clan rivale. E poi perché le sue mire espansionistiche spaventarono i clan dell’alleanza di Secondigliano.

Liguori è stato tirato in ballo proprio dai tre pentiti. L’avvocato Saverio Senese, in merito ai verbali, ha posto delle domande ai fratelli Annunziata per smantellare l’impianto accusatorio e, tra queste, se Liguori avesse partecipato o no al delitto Feldi. Secondo i collaboratori avrebbe condotto l’automobile (un Fiat Punto di colore grigio scuro) e portato le armi. «Era un amico di Mirko Romano (ucciso a dicembre 2012 ndr) e lui che lo portò a Scampia. Ma non sapevo perché e quale “lavoro” stesse organizzando. Non mi disse nulla. A me e a mio fratello Romano ci chiese soltanto di pulire le armi e di procurare un Honda SH 300 che poi portammo al Lotto G mentre la macchina era alle Vele e se non ricordo male fu Liguori che se ne occupò». Frangenti e racconti della fase iniziale dell’agguato descritti da Carmine Annunziata.

E ancora, quando ha riferito del mancato agguato a causa del maltempo riferendosi a quello che disse un giorno Mirko Romano: «Questo cornuto (Feldi ndr) oggi si è salvato solo perché piove ma domani c’è il sole e non se la caverà». La preparazione per ogni spedizione mortale avveniva di media un dieci giorni prima. Innanzitutto la pulizia delle «creature» (armi) che avveniva in più fasi; il procurarsi dei mezzi di spostamento ed infine il pedinamento della vittima. Un vero e proprio «lavoro» come è definito dalla malavita organizzata. Non pochi scambi di battute ci sono state tra il pubblico ministero anticamorra Enrica Parascandolo, del pool della Procura di Napoli coordinato da Filippo Beatrice, e l’avvocato dell’imputato. Perché tra le nuove rivelazioni e le prime dichiarazioni (allora coperte dal segreto istruttorio) secondo il difensore ci sono state posizioni diverse ed incongruenti. Su questo punto il pm si è opposto. In effetti il teorema difensivo è far cadere il castello delle accuse non su quale ruolo avesse svolto Liguori ma addirittura se fosse stato protagonista di quel commando punitivo.

Infine, con una dichiarazione spontanea Giovanni Illiano, ha chiesto perdono alla famiglia della vittima.

© Copyright Mario Conforto, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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