Camorra, clan Lago-Pesce-Marfella: ancora richieste di condanna

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Da un quartiere all’altro della città di Napoli vi è un comune denominatore: la camorra che taglieggia. La maggior parte dei componenti del clan tricefalo Lago-Pesce-Marfella, che operava nel quartiere di Pianura, ha incassato una serie di condanne. Ormai è decimato e tutti (o quasi) sono in cella. In questi giorni si sta celebrando il processo per gli ultimi elementi di spicco che attendono la sentenza. Il pm Del Prete ha elencato tutti i capi di imputazione e a decidere, il prossimo 25 maggio, sarà il giudice della nona sezione penale del Tribunale di Napoli e presidente di Collegio Nicola Miraglia Del Giudice.

Storie di estorsioni nell’area occidentale della città, tra Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura e Soccavo; nella lista nera anche una rapina di un tir (all’interno vi erano prodotti cosmetici) nel porto di Napoli, effettuata nel 2007, e il riciclaggio di auto e moto rubate. Per questo ultimo reato è accusato il punto di riferimento del clan, Carmine Ferraro.

Grazie alla denuncia dei fratelli Gennaro e Massimo Ciotola, proprietari di un ristorante nella zona di Agnano-Astroni, gli inquirenti e le forze dell’ordine hanno messo a segno colpo su colpo e bloccato le mire espansionistiche delle famiglie alleate. Un lavoro lungo e complesso quello svolto da parte del pool anticamorra. E preziose sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra i quali Luigi Pesce e Giuseppe Balestrieri.

Il quadro che è emerso dalle indagini è allarmante: una tangente di ventiquattromila euro alla ditta di costruzioni di Giorgio Zecconi; nel 2008, in via Montagna spaccata, all’impresa edile di Franco Del Prete, invece, fu chiesta la cifra di tremila euro. Ancora: in via Filippo Brunelleschi, a Pianura, veniva continuamente taglieggiata la ditta Farina, che opera nell’ambito del settore degli pneumatici e cerchi in lega. Anche l’impresa funebre Bellomunno era nel mirino del clan.

All’esito della requisitoria il pm ha così chiesto, per quell’ultima parte del sistema che attende l’esito finale, le seguenti condanne: Antonio Caparro, nove anni; Maria Grazia Cecere, assoluzione; Pasquale Coccia, nove anni; Pasquale Capretti, assoluzione; Andrea Lidia, sei anni; Salvatore Di Francia, otto anni; Vincenzo Foglia, nove anni; Alfredo Foglia, quattordici anni; Mario Lago, dieci anni; Salvatore Marfella, assoluzione; Claudio Piano dodici anni; Mario Lidia, assoluzione; per Salvatore Racisi, che è ritenuto dagli inquirenti uno dei maggiori responsabili del racket, ventidue anni; Massimiliano Sica, lassoluzione; Luigi Di Mezzo, dodici anni.

Mario Conforto

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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