MARANO, LA COMMISSIONE D’ACCESSO…FA 90: IL SUAP REVOCA DOPO 4 ANNI L’AUTORIZZAZIONE A UN’IMPRESA. POI IL CASO DELLE TABELLE DI DITTE INTERDETTE PER MAFIA RIMOSSE SUBITO DOPO L’ACQUISIZIONE DI ATTI E L’ACCELERAZIONE SUI BENI CONFISCATI

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Come la paura: la commissione d’accesso fa 90. Non si arrestano le scosse telluriche al Comune di Marano dopo l’insediamento del pool ispettivo inviato dal prefetto Di Bari. L’ultima vicenda riguarda l’Ufficio Suap che, con un incredibile ritardo di poco più di quattro anni, ha deciso di riesaminare e revocare un’autorizzazione precedentemente concessa a un’impresa di articoli funebri. Un lasso di tempo considerevole, durante il quale – ben 1461 giorni dall’originario via libera – nessuno si era apparentemente accorto di presunte irregolarità amministrative (o di altro genere, eppure in città tutti conoscevano da chi era, di fatto, gestita) che gravavano su quel fascicolo.

È il caso di constatare come l’arrivo della commissione d’accesso, e il cambio del funzionario all’ufficio preposto, abbia sortito un effetto dirompente, evidenziando al contempo una prassi amministrativa, almeno passata, alquanto farraginosa. Un modus operandi che, purtroppo, si estende su numerosi altri enti locali dell’area a nord di Napoli e oltre.

L’arrivo della commissione, insomma, fa resuscitare pure i morti. Così come il fatto che alcune tabelle di ditte interdette per mafia sono state – magicamente rimosse – dopo che la commissione aveva acquisito atti in questione. E ancora: l’autorizzazione revocata, sempre ad impresa funebre, precedentemente autorizzata senza il via libera antimafia e solo dopo la comparsa di un articolo di stampa.

Parallelamente, si registra in queste settimane un frenetico attivismo da parte di una figura interna al “governo” cittadino, un “Pierino legale” intento a tessere relazioni e a ingraziarsi determinati ambienti. Un’operazione che, pur di raggiungere scopi non meglio definiti, parrebbe sconfinare in comportamenti professionalmente ed eticamente discutibili, nel tentativo, forse, di “inquinare i pozzi”. Manovre che appaiono tuttavia velleitarie: il quadro generale è ormai delineato, il percorso ispettivo tracciato, e ogni azione successiva all’arrivo della commissione d’accesso (12 febbraio 2025) non inficerà le valutazioni degli ispettori. Inutile, dunque, “caro Pierino” consumare le suole delle scarpe o inaridire le tue preziose camicie.

Anche sul fronte dei beni confiscati, l’azione del pool ispettivo ha innescato una serie di iniziative, operazioni mediatiche e missive di vario genere, la cui reale efficacia resta dubbia. Persiste, inoltre, una confusione terminologica che porta alcuni a identificare erroneamente la villa nella quale risiedono i familiari del boss Giuseppe Polverino, che a breve potrebbe essere sgomberata, con quella definita “bunker” del super-criminale, trattandosi di due immobili con storie e caratteristiche ben distinte. La liberazione della prima è auspicabile, ma non coincide con la bonifica della seconda, un immobile abbandonato e immerso nel degrado – per colpe a più livelli – dal 1996.

© Copyright 2025 Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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