«Il fenomeno mafioso campano, definito con il termine camorra, consiste in una pluralità di manifestazioni criminali. Accanto ad associazioni mafiose storiche, dotate di strutture organizzative consolidate e obiettivi crimino-affaristici diversificati, coesistono formazioni delinquenziali minori, prevalentemente di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio. Le province di Napoli e Caserta rimangono i territori a più alta e qualificata densità mafiosa». Lo sottolinea la Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al periodo gennaio-giugno 2023.
«Nel semestre in esame, nel capoluogo campano e nei territori della provincia è stata registrata una recrudescenza della contrapposizione tra sodalizi, la cui caratteristica peculiare è rappresentata dalla giovanissima età dei protagonisti e dalla disponibilità di armi, anche da guerra».
«I più recenti esiti investigativi hanno evidenziato un crescente e diffuso interesse per le attività illecite ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario. Lo spaccio di droga, le estorsioni e l’usura permangono tuttavia i settori criminali maggiormente diffusi e più remunerativi per i gruppi camorristici», rileva la Dia.
A Napoli e nella provincia «coesistono fenomeni criminali eterogenei, con differenti livelli organizzativi. A livello più elevato i due principali cartelli camorristici antagonisti, l’alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella, oltre a perseguire i più classici interessi illeciti, ricorrono anche a più sofisticate strategie di infiltrazione del tessuto economico e sociale napoletano» mentre «al livello più basso, formazioni criminali di ridotte dimensioni costituiscono la vera e propria manovalanza per l’attività di spaccio, rapine ed estorsioni, in una condizione di conflittualità permanente. Nei territori dell’hinterland settentrionale del capoluogo campano sono radicati numerosi altri clan camorristici, alcuni storici e con strutture organizzative consolidate, altri ridimensionati dalle incessanti azioni repressive e da conflittualità con clan rivali».
Nella provincia di Caserta, in base all’analisi della Dia, «le più recenti evidenze investigative hanno documentato la persistente operatività del cartello camorristico dei Casalesi. L’evoluzione della camorra casertana è stata condizionata dalle forme sempre più evolute e sofisticate di investimento dei capitali illeciti e dallo sviluppo del contesto socio-economico locale sino ad assumere la dimensione di holding di imprese. Il territorio della provincia di Salerno è caratterizzato da una marcata eterogeneità geografica con peculiarità socio-economiche che condizionano anche lo scenario criminale locale».
«La contiguità territoriale con gli ambienti malavitosi delle province di Napoli, Caserta e della vicina Calabria tende a favorire l’influenza degli storici sodalizi mafiosi campani e calabresi con cui i gruppi salernitani, non di rado, stabiliscono rapporti crimino-affaristici. Accanto a organizzazioni più strutturate – sottolinea la Dia – si assiste all’ascesa di nuovi gruppi emergenti dediti, prevalentemente, allo spaccio di stupefacenti e ad attività illecite più tradizionali, quali estorsioni e reati predatori ricorrendo talvolta ad azioni violente».
Le province di Benevento e Avellino, infine, «si caratterizzano principalmente per la presenza di organizzazioni camorristiche a forte connotazione familistica, dedite principalmente allo spaccio di stupefacenti e alle estorsioni in danno di imprese e attività commerciali locali».