L’arresto di Simioli, il potente boss dei Polverino cresciuto nel mercato ortofrutticolo di Marano

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Quella di Giuseppe Simioli, arrestato ieri in una campagna del Viterbese dopo sette anni di latitanza, è la classica figura del camorrista vecchio stampo. Figlio di un noto commerciante del settore ortofrutticolo di Marano (la sua famiglia è titolare di uno stand al mercato), per anni presidente della struttura di via Unione Sovietica, fin da giovanissimo si affilia all’organizzazione malavitosa capeggiata da Giuseppe Polverino. Quella di Peppe ‘o Petruocelo è una famiglia benestante, tra le più note della città, ma lui, Giuseppe, è però attratto dagli ambienti della mala cittadina.

Poco più che ventenne è già un affiliato di primo livello: gestisce per conto del boss dei Camaldoli il florido mercato delle estorsioni ma, dopo pochi anni di “attività”, viene arrestato e condannato per racket e associazione a delinquere. Scarcerato tra il 2007 e il 2008, secondo i racconti di Roberto Perrone, punto di riferimento del clan nel comune di Quarto e oggi collaboratore di giustizia, diviene il braccio destro di Polverino. Nella scala gerarchica del sodalizio criminale è un gradino più in alto di affiliati storici come Sabatino Cerullo, meglio noto come Ciccio Pertuso, Giuseppe Ruggiero, alias Geppino Ceppa ‘e fung, Ciro Manco, Fabio Allegro, Carlo Nappi e Raffaele D’Alterio. I collaboratori di giustizia, Roberto Perrone e Biagio, Di Lanno, lo indicano anche come esecutore materiale dell’omicidio di un altro storico affiliato al clan Polverino: quel Giuseppe Candela ucciso nel 2009 in seguito alle divergenze sorte proprio con Simioli. Latitante dal maggio del 2011, ‘o Petruocelo tesse le trame per rispondere all’offensiva lanciata sul territorio (anno 2012) dal gruppo scissionista capeggiato da Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano. Ala scissionista che, di lì a poco tuttavia, uscirà di scena per le divisioni interne e gli agguati in seno alla fazione degli Amato-Pagano.

Simioli, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, alza la voce persino all’interno della fazione polveriniana, ritenendo che Antonio Polverino, lo zio del “Barone,” sia troppo morbido nei confronti dell’ala scissionista che in quel periodo terrorizzava la città.

Annientata la cellula di Riccio, ‘o Petruocelo, almeno apparentemente, decide di fare un passo indietro e lasciare spazio agli Orlando (che inglobano i polveriniani del “Truglio) e ai Lubrano.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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