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La cellula dei “capitoni”, clan Lo Russo, con base strategica nelle Fontanelle (quartiere Sanità), ha incassato un altro duro colpo con le sentenze definitive. Sedici imputati per un totale di centotrent’anni di condanne. I reati contestati sono: associazione di stampo camorristico e traffico internazionale di sigarette. Il periodo dei fatti fa riferimento a quando, il capo Antonio Lo Russo, si nascondeva in Polonia. Il commercio delle sigarette partiva dai paesi dell’Est approdava in Puglia ed infine in Campania. Pochi riferimenti aggiuntivi, al materiale probatorio, del pm Enrica Parascandolo (pool anticamorra, coordinato dai pm aggiunti Giuseppe Borrelli e Filippo Beatrice della Procura di Napoli), nella trentacinquesima sezione penale, il cui Gup è Iaselli. Il presidente della Corte, dopo aver letto le omissioni di Mario Lo Russo e Carlo Lo Russo (gli avvocati si sono opposti) e gli articoli del codice di procedura penale, enuncia le condanne definitive:
Antonio Lo Russo (dieci anni); Antonio Briante (due anni); Giovanni Campaiola (dieci anni); Luigi Capone (quattro anni); Antonio Cennamo “’o limone” (tre anni); Emanuele D’Andrea (tre anni); Carlo Davide (16 anni); Claudio Esposito “’o chiatto” (16 anni); Luigi Forino (nove anni); Massimo Gisini (due anni); Alfredo Mercolino (nove anni); Crescenzo Palma (nove anni); Gerardo Potenza “tigre” (nove anni); Pasquale Torre “patanella” (sedici anni); Bruno Vitale (nove anni).
Sono stati sequestrati beni immobili – per lo più appartamenti – conti correnti e una società di prestiti intestati ai familiari di Giovanni Campaiola (questa famiglia è da generazioni che opera nel traffico delle bionde). Somme di denaro per milioni di euro sparse in varie banche: Banca di Ancona, Banca Popolare di Novara, Unicredit e poi in alcune sedi degli uffici delle Poste italiane.
Mario Conforto
