Alla fine ci sono riusciti. Tra una finta di corpo, un’iniziativa politica, uno sfogo in consiglio comunale (tanto per far vedere) e qualche soffiata, diretta o indiretta al sindaco e ai suoi collaboratori, sono riusciti nel loro intento: non andare a casa e non andare al voto a maggio. Non sono collusi, per carità, e nemmeno venduti, ma a casa non volevano proprio andare, chi per ragioni politiche, chi per ripicche personali o interne al proprio partito, chi perché sa che è al suo ultimo giro. Non è stata solo colpa loro, ovvio. Le responsabilità, quelle grosse, se le devono prendere anche gli yes man della maggioranza: Santoro, Alfiero, Sansone, Del Fiore, che pur conoscendo i fatti hanno preferito far finta di nulla.
Alessandro Recupido. All’ultimo giro, è da sempre il più morbido contro Liccardo e co. E’ un comunista (di facciata), ma soprattutto un moderato. Nel vero senso della parola. Non ha mai infierito sulla giunta, non ha mai voluto sposare la linea dura: quella delle denunce contro chi ha violato regolamenti o si è reso complice di palesi illegittimità.
Vincenzo Passariello. Dicono che sia tra quelli più ostinati contro Liccardo, in realtà non lo è, non lo è mai stato. Si sbatte in consiglio comunale, ma non lo si è mai visto nelle riunioni di minoranza, è poco partecipe e non si danna l’animo per portare a compimento certe iniziative (vedi alla voce raccolta firme). E’ un democristiano doc, ed è stato più volte avvicinato dai messaggeri del sindaco. Ha sempre detto no, almeno ufficialmente. Sembra sempre troppo interessato alle vicende della raccolta rifiuti e poco alle altre, parimenti importanti.
Pasquale Coppola. Di lui abbiamo più volte scritto: scaltro, intelligente e furbo come una volpe, ma di voglia di andare a casa non ne aveva proprio. Molto allineato alle posizioni bertiniane, ha dato il suo più che fattivo contributo affinché si candidasse il trasformista per antonomasia Michele Palladino. Per un anno e mezzo o due ha flirtato con Liccardo, ora si dice convinto che la messa è finita e che la cosa migliore è il commissariamento. Gli crediamo, ma ha commesso errori inenarrabili.
Mauro Bertini. Sul satrapo dell’Altra Marano, incantatore di serpenti (ma nemmeno quelli riesce più ad ingannare), c’è poco da aggiungere. Scrive, pubblica note sul suo blog, sembra un oppositore coi fiocchi ma è tutto un trucco. Tanto rumore, ma quando c’è stato da affondare il colpo ha nicchiato. Chi conosce le dinamiche politiche della città, sa che Bertini, ormai 73 enne, non ha più molto da dire in termini politici. Il suo lo ha fatto, ma se esce dal Consiglio e si va a votare a maggio non avrebbe alcuna chance di ridiventare sindaco. Ne ha combinate troppe, nel bene e nel male, ma soprattutto non è più di moda.
Mimmo Paragliola. Il padre Ralph del Pd ama viaggiare con marce basse: seconda, terza, seconda, terza. E’ una persone mite ma, a parte qualche scatto in Consiglio comunale, poco o nulla ha fatto e vuole fare. Sa che all’ultimo giro nel civico consesso e non si danna l’anima più di tanto. Come tutti gli altri ha fatto questo ragionamento: se sciolgono il Comune è un conto, se dobbiamo armarci di sciabola, invece, meglio di no…
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