Clan Moccia, in appello clamorosa assoluzione per Maria Favella

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In data odierna la Corte di Appello di Napoli, quarta sezione penale, in riforma della
sentenza emessa in data 27 giugno 2019 dal G.u.p presso il Tribunale di Napoli, pur
ridimensionandolo nelle pene inflitte, ha confermato l’intero impianto accusatorio
elevato nei confronti di dirigenti ed affiliati al clan Moccia.

Nello specifico la Corte di appello ha condannato:
Angelina Giuseppe esclusa la qualità di capo e promotore e riconosciuta la
continuazione con precedente condanna alla pena totale di anni 22 di reclusione
Barile Alfredo , esclusa la qualità di capo e promotore, anni 8 di reclusione
Barra Vincenzo, esclusa la contestata recidiva, anni 7 di reclusione
Belardo Luigi , riconosciute le generiche equivalenti alla contestata aggravante in
anni 5 e mesi 4 di reclusione Bello Carmine, riconosciute le generiche equivalenti alla contestata aggravante, riconosciuta la continuazione con precedente sentenza di condanna, totale anni 10 e mesi 2 di reclusione Bengivenga Mauro, esclusa qualità di dirigente, anni 10 e mesi 8 di reclusione Capone Anna, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti alle aggravanti ad eccezione di quella ex. art. 416 bis comma 1, anni 3 di reclusione
Catiello Giovanni ,esclusa la recidiva e riconosciute le attenuanti generiche
equivalenti alla contestata aggravante, totale di anni 11 e mesi 4 di reclusione, ivi compreso il riconoscimento della continuazione con precedente condanna ad anni sei
di reclusione già ritenuto in primo grado, Cennamo, riconosciute le generiche equivalenti alla aggravante contestata, anni 5 e mesi 4 di reclusione D’Ambrosio Giuseppe, esclusa la qualità di organizzatore e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante contestata, anni 8 di reclusione Del Prete non doversi procedere per morte dell’imputato Esposito Antonio, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva
reiterata specifica, anni 6 e mesi 8 di reclusione Favella Maria, assolta dal reato di partecipazione al clan con la formula per non aver commesso il fatto con revoca della pena accessoria inflitta Felli Sabato, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, anni 5 di reclusione Ferraiuolo Luigi Lenza, riconosciuta la continuazione con precedente sentenza, anni 18 di reclusione Laurenza Antonio riconosciuta la continuazione con precedente sentenza, anni 10 di reclusione Nobile Raffaele, riconosciute le generiche equivalenti alla aggravante contestata e la continuazione, anni 6 di reclusione Pezzullo Angelo, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante contestata e alla recidiva reiterata specifica e la continuazione con precedente condanna, anni 12 di reclusione. Polizzi, assolto dai capi 14 e 28 ed esclusa la qualità di dirigente, anni 9 e mesi 4 di reclusione Rocco riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle recidiva anni 5 e mesi 4 di reclusione Franchino, esclusa la qualità di organizzatore e riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, anni 8 e mesi 4 di reclusione Tuccillo, riduce la pena inflitta in anni due e mesi 4 di reclusione.

Cosicchè anche il giudizio di appello ha visto confermare la penale responsabilità per
ben 21 affiliati alla compagine criminale, con una sola sorprendente eccezione.
Infatti, suscita indubbio clamore l’assoluzione di Favella Maria, figlia dello storico
senatore del clan Favella Francesco, condannata in primo grado ad anni nove di
reclusione per partecipazione al clan, decisione ribaltata in toto nel giudizio di
appello.
Eppure, la posizione della donna sembrava compromessa atteso che durante i
colloqui carcerari con il padre furono sequestrati dei pizzini destinati a veicolare
all’esterno i messaggi di Favella Francesco in direzione degli affiliati liberi.
Nonostante ciò, hanno fatto evidentemente breccia nei giudici della Corte di Appello
partenopea le argomentazioni giuridiche formulate dai difensori di Maria Favella,
rappresentata dagli avvocati Dario Vannetiello e Teresa Sorrentino.
Infine, va segnalato che la Corte di appello ha rigettato l’impugnazione proposta dalla
Procura della Repubblica che chiedeva l’inasprimento delle pene inflitte ai numerosi
imputati.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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