Lo show di Vincenzo De Luca il giorno dopo, immaginifico e velenoso, una tempesta di fulmini. Il governatore alla fine decide di non usare la carta delle dimissioni per anticipare il responso della Consulta, troppo rischioso e con alte probabilità di vedersi annullare tutto.
Giorgia Meloni, che alla fine ha impugnato la legge campana “Scurdámmoce ‘o ppassato”, lo costringe a sperare in un assist della Corte (che deciderà tra aprile e maggio). «Ci difenderemo davanti alla Corte costituzionale e abbiamo la sensazione che avverrà quello che è accaduto per la legge sull’autonomia differenziata: sarà smantellata. Andiamo avanti quindi con assoluta tranquillità», promette in conferenza stampa a Palazzo Santa Lucia.
Una riserva considerevole di fiele la riserva al suo partito, il Pd (citando Parmenide «essere è, non essere non è»), sapendo che l’addio ormai è prossimo: «Qualche mese fa si è candidato alla presidenza della Liguria un esponente politico che ha 5 mandati parlamentari e per tre volte è stato ministro: che ipocrisia». Il riferimento è ad Andrea Orlando, il leader della sinistra trasferito d’ufficio a Genova, ma ce n’è anche per Stefano Bonaccini.
Se Elly Schlein ormai è il passato, il Governatore pensa alla resistenza da organizzare nelle prossime settimane: «Utilizzeremo i mesi che abbiamo davanti per promuovere una grande esperienza democratica nel nostro paese: mesi di battaglia politica nazionale per ritrovare i contenuti della vita democratica», un vero e proprio “Up patriots to arms”.
Esperienza democratica quindi, la nuova scialuppa che il Presidente intende mettere in mare per proseguire la sua navigazione. E soprattutto per non disperdere la rete traversale di consenso che l’ex sindaco di Salerno ha costruito. Per continuare a contare in Campania, in prima persona se potrà, o comunque per far fallire le “feste” degli altri.
Soprattutto quella che il Nazareno sta predisponendo con il M5S: portare sull’altare il “disoccupato” di lusso, l’ex Presidente della Camera Roberto Fico o il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, o a mali estremi un civico. Sull’altro fronte, i nervi sono più distesi, se non altro perché la stagione dello sceriffo potrebbe finire presto. Lo dice a chiare lettere il coordinatore campano della Lega Gianpiero Zinzi: «L’unico che prende le decisioni ad personam qui è solo De Luca che per quasi dieci anni ha fatto il bello e il cattivo tempo, imboccando la strada del clientelismo che ha finito per premiare cacicchi e capibastone con l’unico obiettivo di accentrare tutto il potere su se stesso. La verità è che la bocca del governatore dice una cosa ma i nostri occhi ne vedono un’altra». Il centrodestra ha per ora tre possibili candidati, oltre a Zinzi, il coordinatore di Forza Italia Fulvio Martusciello, ed il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli per Fratelli d’Italia.
La partita sarà sospesa, almeno fino a primavera, quando la Corte Costituzionale si esprimerà sul ricorso del governo. Ovvero quando si determinerà il destino del ‘viceré’, in campo per strappare il terzo mandato, o sugli spalti per infierire contro le squadre in campo.
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