Carissimo dottore, mi permetta questa confidenza per quanto la stimo.Ormai i contagi sono diminuiti, molto sono i guariti dal terribile virus, vediamo la luce in fondo al tunnel. Mi sono ritrovata a riflettere su quello che abbiamo vissuto in queste settimane, a considerare come alcuni di noi siano stati tremendamente penalizzati in termini di solitudine, per il solo fatto di essere single. L’ansia è stata l’unica compagna delle nostre notti, trasformando spesso la paura in angoscia. Che invidia per quelli chiusi in casa, sì, ma con i figli, con il marito o con la moglie, da stringere a letto. Persone magari stanche, stressate per le incombenze familiari, ma unite nei propri affetti. A 50 anni ho una vita dedicata solo a me stessa, ai miei impegni, ambizioni, passioni. Ho sempre vissuto da sola, mi sono sempre detta che se si vuole stare in compagnia ci si organizza, ma a stare soli si guadagna in indipendenza e libertà. Ecco la mia libertà è stata in questo periodo la mia prigione e rimpiango le scelte d’amore e di dedizione ad un compagno che mi sono sempre negata, per la mia presunzione di bastare a me stessa. Che tristezza!
Matilde di Caserta
L’ isolamento da virus che stiamo vivendo potrebbe trasformarsi in un nugolo di possibilità se cominciamo ad osservarlo da un punto di vista diverso da quello che la realtà mediatica sembra volerci far vivere. Oltre la retorica del tutto andrà bene ci troviamo coinvolti come protagonisti in un processo di cambiamento epocale, che dovrebbe portarci verso una nuova forma divita. L’ansia legata ad ogni modifica esistenziale va sempre collegata a qualcosa di nuovo che si profila, ma che non si riesce a precepire nella sua nitidezza. Il virus ci è piombato addosso nella sua imprevedibilità, alla pari di un trauma, sconvolgendo l’ idea di mondo che ci eravamo fatti; un mondo in cui vigeva la con-fusione a più livelli e si pensava di tenere tutto sottocontrollo e facilmente governabile, attraverso un continuo appagamento di sensi, che ha elargito continui consensi alla produzione consumistica. Eravamo liberi? Una attenta analisi riflessiva ci dovrebbe portare oltre la rappresentazione del lutto per questa separazione che stiamo vivendo dalla nostra vita precedente. Questo taglio inaspettato ci costringe al risveglio, alla presa di coscienza per un mondo diventato abitudinario, ripetitivo, e poco incline alla sorpresa; siamo indotti ad una prospettiva diversa; osserviamo oggi le nostre piazze vuote, le strade silenziose, proiettati tutti in una dimensione surreale, fatta di solitudine, di pausa, di silenzio, di riflessione. Tutti i presupposti che ci portano a stare di più a contatto con noi stessi, con la nostra intimità, con il nostro vissuto. In questo turbinio emotivo, si sono mescolati ricordi, scene di vita intrise di aspetti nostalgici, che pensavamo fossero andati persi in un passato ormai lontano da noi. Forse arriva nel momento giusto questa pausa, si è riscoperta la dimensione della casa nella sua accezione legata al significato di essa, e si è compreso che cosa significa sentirsi a casa. Una solitudine che paradossalmente arriva a mettere in evidenza il significato della parola libertà, per certi aspetti usata a sproposito e in maniera fuorviante soprattutto negli ultimi tempi. Questa è una libertà diversa, recuperata al nostro reale fabbisogno emotivo, che va oltre l’uso strumentale dell’altro e che apre lo scenario a rapporti veri, intessuti di emozioni e sentimenti, nella ricerca dell’altro, che viene a realizzarsi in un ottica di reciprocità. L’amore ci mette in contatto con la libertà; sentire in questi giorni dire che siamo privati della nostra libertà ci dovrebbe portare a riflettere sul reale significato della parola stessa. Siamo tutti spinti da un nuovo desiderio che ci orienta verso nuovi orizzonti, verso nuovi scenari. Binswanger, profondo conoscitore dell’ animo umano utilizzava una metafora per descrivere meglio la persona in alcuni momenti della propria vita: si diventa come una stazione dove non passano più trani. Noi siamo chiamati a rimettere in moto i vagoni di quei treni e l’unico carburante che possiamo immettere nelle caldaie sono i nostri rifornimenti emotivi. Emozione nella sua etimologia sta a significare mettersi in moto, e noi ci dobbiamo rimettere in movimento, alla pari di una locomotiva, se vogliamo ri-tornare a dare luce alla stazione della nostra vita.
Dott. Raffaele Virgilio – psicologo e psicoterapeuta – virgilioraffaele@gmail.com
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