con riferimento al suo articolo dal titolo “guerra fra Di Ronza e Di Pace sull’umido”, per amore di verità ritengo opportuno fornire alcune precisazioni.
Nel merito della questione, occorre premettere che le difficoltà riscontrate traggono origine da un contesto di crisi (speculativa?) nazionale del settore del conferimento delle frazioni organiche, con consequenziale folle lievitazione dei costi, acutizzato, nel caso specifico di Marano, dall’attuale fase di approvazione del bilancio stabilmente riequilibrato, in attesa della quale, non possono essere impegnate somme sull’anno 2020, con l’inevitabile conseguenza di gare per affidamenti di breve durata e quindi fortemente esposte al rischio di andare deserte, e che si svolgono in in mercato saturo.
Inoltre, le tanto strombazzate modifiche normative del codice dei contratti (di cui molti parlano ma che in pochi conoscono veramente) hanno semplicemente rafforzato il ruolo degli strumenti telematici, in particolar modo nel campo dell’acquisizione di servizi.
Tuttavia tali novità non hanno, di punto in bianco, obliterato i termini della convenzione con la S.U.A. (stazione unica appaltante), ratificata in epoca Commissariale e tuttora vigente, che prevede l’affidamento al Provveditorato delle procedure di gara oltre determinate soglie (40.000 € per i servizi).
Si scenderebbe troppo nel tecnicistico se si volesse chiarire che, anche prima delle recenti modifiche normative, in virtù delle del combinato disposto degli artt. 37 e 38 del D.lgs. 50/2016, il comune di Marano avrebbe potuto procedere in autonomia all’acquisizione di servizi senza ricorrere a centrale di committenza.
Vi fu quindi una precisa scelta strategica quando, pur avendo la possibilità di operare in autonomia, il comune di Marano decise di delegare alla S.U.A. tali attività di gara.
Tali questioni sembrano sfuggire a quanti della materia dovrebbero essere padroni. Ma tant’è.
In ogni caso, volendo semplificare, si può dire che ad oggi, per il caso specifico del comune di Marano, non vi è l’obbligo di ricorrere al mercato elettronico, bensì la facoltà di ricorrervi in forma alternativa alla S.U.A. (proprio per la cogenza della convenzione).
Sulla facoltà di scegliere fra uno strumento o l’altro è evidentemente, nel caso, chiamata a pronunciarsi l’Amministrazione che, ove ritenesse di prescindere dall’attuale convenzione, dovrebbe, con proprio atto, circoscrivere in un preciso recinto le materie assoggettate a MEPA, definendo fino a quale soglia verrebbe esclusa la S.U.A.
Tali fondamentali indirizzi non sembrano intelligibili nel documento n. 137/2019, sul quale ritengo, per stile, rispetto, e serietà istituzionale, doveroso astenermi da commenti, che peraltro risultano anche superflui, alla luce delle precisazioni fornite.
A tale contesto, caratterizzato dall’assenza di univoci, inequivocabili ed espliciti indirizzi, fa da contraltare il fermo convincimento del sottoscritto della necessità di procedere in conformità con le vigenti norme, nel rispetto dei limiti fissati dalla convenzione con la S.U.A. e sempre attraverso trasparenti procedure di evidenza pubblica in mancanza di conclamati elementi fattuali tali da giustificare il ricorso a procedure derogatorie residuali, con ciò definendo lo spazio ed i limiti entro cui si esplica l’azione gestionale tesa a garantire un servizio fondamentale per la cittadinanza.
Mi consentirà poi una precisazione circa il sempre attuale refrain con cui si adombrano presunte recenti accelerazioni dell’azione amministrativa.
Ebbene, il sottoscritto, sin dal suo insediamento avvenuto nel luglio 2017 sotto la gestione commissariale, ha sempre improntato la propria azione amministrativa e tecnica al massimo rispetto dei principi di Legalità e Correttezza.
Nonostante un organico drammaticamente sottodimensionato, sono numerose le tematiche ed i settori in cui si è intervenuto restituendo alla normalità contesti e vicende che languivano da tempo immemore in una (voluta) dimensione di abbandono quando non di aperta illegalità.
Potrei, fra le tante, citare il cimitero e la sua gestione, il P.I.P, o, per esempio, il caso emblematico di una fabbrica di cioccolato che sorgeva abusivamente ed impunemente all’interno di un bene confiscato alle camorre ed accanto ad un’isola ecologica che ha finalmente cominciato a funzionare dopo un’attesa durata un decennio. Fino ad arrivare, ai giorni d’oggi, ed alla complessa operazione di sgombero e recupero dei beni del patrimonio comunale, ed in particolare di quelli destinati a seguito di confisca.
Insomma, tanti casi eclatanti, come quello del complesso abitativo di via Corree di sotto e dei relativi scarichi (affrontati in assoluta solitudine, e col solo supporto delle Forze dell’ordine), sono singolarmente sfuggiti per decenni a quanti hanno preceduto il mio arrivo in una sorta di cecità di massa.
Ricondurre queste titaniche azioni ad un mero effetto di vicende endogene risulta riduttivo e destituito di fondamento, pur con ciò non volendo minimamente disconoscere il ruolo positivo e di assoluto rilievo delle meritorie azioni di controllo e contrasto poste in essere anche da altri organi dello Stato nell’ambito del complesso e martoriato tessuto connettivo maranese.
Distinti saluti,
Ing. Pasquale Di Pace
Dirigente Area Tecnica del Comune di Marano