Processo Pip, interrogato il super teste Bruno, ex commercialista dei Cesaro

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E’ stata un’udienza fiume quella andata in scena oggi al tribunale di Aversa, nell’ambito del processo Pip, tutto incentrato (o quasi) sull’escussione di Giuseppe Bruno, a lungo commercialista dei Cesaro e figura chiave nell’inchiesta condotta dai magistrati della Dda di Napoli. Bruno ha ripercorso le tappe della sua lunga collaborazione con i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, entrambi detenuti a Terni, a capo della società che si aggiudicò l’appalto per la realizzazione dell’area industriale di via Migliaccio.

“Il mio rapporto lavorativo con i Cesaro – ha spiegato Bruno, rispondendo alle domande dei pm Visone e Di Mauro e dei legali dei due imprenditori – è iniziato nel lontano 1990. Il rapporto, attraverso vari step, si intensificò nel 1998 quando mi vennero assegnati diversi lavori. Per i Cesaro ho curato i bilanci societari, oltre ad aver svolto funzioni di consulente del lavoro. Nel 2012 fui affiancato da Salvatore Di Nunzio (“Tore ‘a lavatrice”, ndr), un collega più spregiudicato di me che, di fatto, divenne il loro principale collaboratore. I rapporti con i Cesaro si deteriorano con il passare degli anni, rifiutai finanche un incarico di revisore dei conti per una delle loro società, fino alla rottura arrivata nel 2016. Con Di Nunzio non entrai mai in sintonia professionale: avevamo visioni opposte. Comunicai ad Aniello Cesaro la mia volontà di disimpegnarmi da quel rapporto, anche in seguito al ritrovamento di ordigno sotto la mia abitazione, che io collegai ad un esposto che avevo fatto contro il Comune di Sant’Antimo. Cesaro mi chiese di chiudere prima la contabilità dell’anno 2015″.

Salvatore Di Nunzio è finito anch’egli nelle maglie dell’inchiesta della Dda (fu arrestato nel febbraio del 2018) poiché ritenuto commercialista di fiducia non solo dei Cesaro ma diversi malavitosi e ritenuto vicino al palazzinaro di Marano Angelo Simeoli, meglio noto come “Bastone, indagato in un altro procedimento per i suoi presunti rapporti con il clan Polverino.

Pip Lusciano.

“Nel 2003 – ha ricordato Bruno – fui presenti a un incontro in cui discuteva del Pip di Lusciano, che è in pratica il gemello del Pip di Marano. A quella riunione conobbi Nico Santoro, che sarebbe stato poi il progettista del Pip di Marano e Nicola Ferraro (ex assessore regionale), che mi fu presentato come esponente di una coalizione politica che di lì a poco avrebbe dovuto concorrere per le amministrative di Lusciano. Nico Santoro (morto alcuni anni fa, ndr) fu introdotto e presentato ai Cesaro dal loro fratello Antonio. Santoro si propose come professionista ed esperto di project financing”.

Bruno, che ha risposto in qualità di teste e di indagato (il reato ipotizzato è quello del falso in bilancio, ma la pubblica accusa ha chiesto l’archiviazione), ha riferito sugli incontri tra i Cesaro e Simeoli, avvenuti nel 2006 in una masseria del giuglianese e nello studio degli imprenditori di Sant’Antimo. “Per due volte mi sono recato in una masseria, dove ad attenderci c’era Angelo Simeoli, il figlio Carlo e altre persone dall’aspetto tutt’altro che raccomandabile. Parlarono del Pip di Marano, della possibilità di trasferire le quote societarie dei Cesaro ai Simeoli. Simeoli, al secondo appuntamento, fece riferimento al fatto che l’antimafia avesse acceso i riflettori su di loro e che quindi non potevano subentrare ai Cesaro. Dissi ad Aniello Cesaro che non mi sarei mai più recato in quel posto perché la cosa mi creava grande imbarazzo e turbamento. In un’occasione – ha aggiunto Bruno – si parlò anche delle elezioni che avevano visto protagonista Luigi Cesaro – ha aggiunto Bruno – I Simeoli si complimentarono con Aniello e Raffaele e ci regalarono tre casse di pesche. Rividi i Simeoli nuovamente a Sant’Antimo, sempre nel 2006, anche se in quell’occasione non partecipai alla riunione che si tenne negli uffici dei Cesaro”.

Secondo le ricostruzioni investigative, parzialmente avallate da Bruno, alla prima riunione avrebbe partecipato anche il boss Giuseppe Polverino. “Sui Simeoli non ho dubbi – ha spiegato Bruno – sugli altri presenti, però, non ho certezze assolute”.

Bruno è stato sottoposto anche alle domande dell’avvocato Vincenzo Maiello, difensore dei Cesaro. Maiello ha fatto riferimento ad alcuni commenti e mail di Bruno, inviate ad alcuni periodici nazionali (L’Espresso) in difesa dei Cesaro che, nel 2014, vennero arrestati per le vicende di Lusciano. “Li difesi e lo farei ancora – ha spiegato Bruno – perché ritenevo che quell’arresto, sia nel merito che nella forma, a distanza di oltre dieci anni, fossero profondamente ingiusti”.

E ancora, in relazione al Pip di Marano: “Non so se i Cesaro abbiano pagato tangenti per la questione Marano, non se tra Simeoli e i Cesaro vi fossero stati incontri o accordi precedenti alle riunioni avvenute nel 2006”.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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