Sulla vicenda giudiziaria di Luigi Cesaro, imputato per corruzione elettorale nell’ambito di un’inchiesta nata sull’area Pip di Marano e poi confluita in un filone prettamente politico (con riferimento alle elezioni regionali del 2015), molto si è scritto e detto in questi giorni (ne hanno parlato anche i giornaloni molto in sintonia con alcuni magistrati) ma non tutto è stato chiarito a sufficienza.
Ma qual è il vero nodo della vicenda? Cesaro, come tutti sanno, è un parlamentare di Forza Italia e gode, come tutti gli altri parlamentari, di determinate immunità previste dalla legge.
Camera e Senato da mesi cincischiano sul da farsi, in un balletto di competenze e responsabilità. Occorre decidere se dare il via libera alle richieste dei pm del tribunale Napoli nord, che vogliono utilizzare alcuni atti dell’inchiesta madre, quella relativa al Pip di Marano, con particolare riferimento alle intercettazioni telefoniche e ambientali che riguardano proprio il senatore Cesaro.
Tale utilizzo, secondo gli avvocati che difendono i circa 30 imputati che avrebbero, nel 2015, agevolato (in cambio di favori) l’ascesa elettorale del figlio di Luigi, ovvero Armando, oggi consigliere regionale forzista, non sarebbe consentito per i reati contestati dai magistrati aversani e per dirimere la matassa si attende ora il pronunciamento della Cassazione. Al di là, quindi, della questione immunità e della farraginosità e lentezza esasperante dei due rami del parlamento, c’è una questione di fondo non ancora sviscerata e che riguarda tutti gli imputati, non solo Cesaro Luigi.
Si possono utilizzare quelle intercettazioni ambientali e telefoniche? Se la risposta è no, gran parte degli imputati, rinviati a giudizio prevalentemente sulla scorta di materiale frutto di intercettazione, potranno con ogni probabilità farla franca.
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