Processo Nuvoletta, l’amarezza del figlio (assolto) di Giovanni: “Vita e studi interrotti e dignità calpestata”

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E’ stato un processo di primo grado lungo e articolato, andato in archivio con la condanna di Giovanni Nuvoletta, figlio del defunto boss Lorenzo, e l’assoluzione dei suoi figli: Lorenzo, Angelo e Ciro. I quattro erano stati arrestati nel 2015 dalla Guardia di Finanza, nell’ambito di un’indagine avviata dalla Dda di Napoli. I rampolli della storica famiglia di Marano, nota per aver allacciato legami solidissimi con la mafia siciliana, avevano gradualmente trasferito i propri interessi economici in provincia di Milano, impiegando – secondo quanto ricostruito dai magistrati Di Mauro e Pilla – risorse illecite nel settore della ristorazione e della produzione e vendita di prodotti caseari. Il dispositivo di sentenza, letto dal giudice Di Leone, ha sancito la colpevolezza del solo Giovanni, condannato a 14 anni (esclusa per lui l’aggravante mafiosa) per traffico internazionale di stupefacenti e detenzione di armi, e l’innocenza dei suoi tre figli. Proprio uno di loro, dalle pagine dei social network, ha commentato la sentenza non senza qualche accenno polemico.

“Un’assoluzione più dura di una condanna e una condanna frutto della paura di essere coraggiosi – scrive Angelo Nuvoletta sulla sua pagina Facebook – E’ mancato il coraggio di dire di no ad un fragilissimo teorema accusatorio fatto di suggestioni, tenuto assieme solo da un cognome. È mancato il coraggio di ascoltare quattro anni di difesa estenuante, quattro anni di lotta contro un muro fatto di indifferenza e pregiudizi. Il pregiudizio che mi è costato un anno di vita agli arresti domiciliari, oggi palesemente immotivati, un anno dove la mia vita si è interrotta, i miei studi universitari bloccati, la mia reputazione e dignità calpestati, additato come il peggior dei delinquenti, un camorrista. Tali fatti – argomenta ancora il figlio di Giovanni, nipote dell’ultimo padrino di Vallesana – sono stati resi possibili da tutti quelli che non hanno mai avuto il coraggio di guardarmi negli occhi, ma hanno preferito accontentarsi e trincerarsi dietro un legittimo pregiudizio o, piuttosto, hanno preferito accontentarsi di una scusa banale: si chiama Nuvoletta. Quel pregiudizio che mi ha visto assolto, ma ha visto confiscare tutti i miei beni, frutto del mio lavoro e dei miei sacrifici”. Al momento dell’arresto, avvenuto nel 2015, Angelo junior era iscritto alla Bocconi. Gli inquirenti sequestrarono beni immobili, terreni, conti correnti, complessi aziendali e cavalli da corsa, la storica passione di famiglia, per un valore complessivo di 13 milioni di euro.

Un patrimonio enorme, insomma, in gran parte confiscato dai giudici di Napoli nord. “Mio padre – scrive ancora Angelo – è stato condannato a 14 di carcere per due capi d’imputazione e assolto per tutti gli altri, così come siamo stati assolto io, i miei fratelli e tutte le altre persone coinvolte. Mio padre ha gridato per quattro anni la sua innocenza, che la mafia, la camorra fanno schifo e che anche a lui hanno rovinato la vita. Secondo me l’ha dimostrato, non solo a parole ma anche con i fatti. Io credo che anche i giudici in fondo lo sappiano”.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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