Dopo 11 anni il Comune di Marano esegue l’esproprio dell’area in cui sorge il Giudice di Pace. Uno scandalo che costerà centinaia di migliaia di euro ai contribuenti. Qualcuno indagherà?

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Quello che vi stiamo per raccontare (in realtà lo abbiamo fatto anche negli anni scorsi) è uno di quei casi che dovrebbero finire di diritto sulle scrivanie di qualche bravo pubblico ministero o quanto meno di qualche zelante ufficiale dell’Arma o di un dirigente della Polizia di Stato. Senza contare i risvolti in sede di Corte dei Conti e di altri enti e organismi, anche a carattere sovracomunale.

Il Comune di Marano, nella giornata di oggi, ha completato le pratiche di esproprio dei terreni su cui oggi è situata la palazzina che ospita il Giudice di Pace. L’ente, dieci anni dopo la realizzazione della struttura, finanziata con fondi regionali, ha quantificato anche l’ammontare degli indennizzi da liquidare ai signori Antonio e Guido Cavallo, proprietari del terreno. L’importo è pari ad oltre 92 mila euro, che saranno sborsati (se i privati accetteranno) dall’Ente e quindi dai contribuenti maranesi.

E’ una storia che ha dell’incredibile. In oltre dieci anni il Comune, nello specifico i dirigenti dell’area tecnica e i sindaci che dal 2007 in avanti si sono succeduti sulla poltrona di primo cittadino, nonché i commissari prefettizi, non avevano mai trovato il tempo e il modo di chiudere l’iter per l’esproprio che, se ultimato negli addietro, avrebbe avuto costi decisamente inferiori.

Nessuno, nonostante gli articoli scritti in quegli anni, le sollecitazioni dei proprietari del fondo, l’avvio di un procedimento giudiziario, aveva mai ritenuto di dover quanto meno espropriare l’area e acquisirla al patrimonio dell’ente, in modo da salvaguardarsi in caso di soccombenza in sede di giudizio civile. I titolare del terreno, infatti, non solo hanno chiesto un indennizzo pari ad oltre 500 mila euro (si attende la sentenza in sede civile) ma anche l’acquisizione del bene sorto sull’area di loro proprietà.

E’ una storia che ha dell’incredibile non solo per l’estrema lentezza da parte degli uffici comunali, una lentezza che costerà caro al comune in pre-dissesto, ma anche per altri aspetti.

Ecco alcuni passaggi. Il cantiere fu avviato nel 2007, grazie a uno stanziamento regionale ed europeo (1 milione e 300 mila euro), ma la palazzina da costruire era destinata ad accogliere gli uffici del Centro per l’impiego dell’hinterland, visto che quello di via Vallesana (chiuso ormai da anni) era ubicato in angusti locali comunali e dichiarato a più riprese a rischio taglio. Il Comune di Marano riuscì ad intercettare i fondi necessari per scongiurare quella chiusura, ma il centro per l’impiego andò via ugualmente. Il motivo? Nella struttura di via San Escrivà de Balaguer fu dirottato dapprima la sezione distaccata del tribunale di Napoli e successivamente l’ufficio del Giudice di Pace.

La palazzina in cui sorge l’attuale ufficio giudiziario di Marano fu costruita senza il preventivo via libera dei privati. Si disse, all’epoca, che c’era una sorta di accordo tra i privati e l’ente, ma si trattava di una bozza di intesa e nulla più. L’iter per l’esproprio non fu mai completato e i privati, legittimamente, lasciarono correre per un po’, prima di rivolgersi alla magistratura e chiedere il risarcimento per il danno patito.

Nel frattempo la palazzina fu ultimata e avvenne anche il trasferimento degli operatori giudiziari. Tra le parti, il Comune e i Cavallo, non fu mai ratificato un atto di esproprio né tanto meno di compravendita. Ora l’ente cittadino, che teme di dover sborsare i 500 mila euro richiesti dai Cavallo, corre ai ripari e in extremis acquisisce il bene al proprio patrimonio comunale, offrendo ai privati poco meno di 100 mila euro. Un’offerta che sarà con ogni probabilità rispedita al mittente. I titolari infatti, puntano ad ottenere molto di più, compreso l’immobile.

Ma c’è dell’altro: la palazzina del giudice di pace – pena la restituzione dei fondi assegnati al Comune – doveva obbligatoriamente ospitare anche i locali del vecchio collocamento, ma così non è stato.

A rimetterci, 100 mila o 500 mila, saranno come sempre i contribuenti di Marano. Si pagherà per la dabbenaggine o per la malafede di qualcuno: tecnici, politici, avvocati e chi più ne ha più ne metta. Sarebbe il caso che qualcuno facesse luce (purtroppo a Marano parliamo solo noi) sulla vicenda, come sarebbe il caso che a pagare fossero coloro (dirigenti e amministratori) che hanno fatto – consapevolmente o involontariamente – lievitare i costi dell’esproprio e dell’indennità di occupazione dei suoli.

Alla Corte dei conti dovrebbero essere quanto meno invitati tutti gli atti. Il dirigente dell’area economica del Comune, Giuseppe Bonino, lo farà? I commissari glielo chiederanno? Ma al di là degli ipotizzati danni erariali, sempre che non sia subentrata la prescrizione, ci sarà qualcuno che indagherà sullo scandalo dei fondi distratti (l’ufficio di collocamento è saltato perché Marano utilizza quei locali per altre necessità) e sul fatto che c’è voluto un decennio per chiudere una pratica di esproprio? Ma soprattutto: qualcuno ha capito che abbiamo perso un centro per l’impiego, trasferito a Giugliano, perché sulla carta non c’era la struttura. Quando invece questa struttura c’era ed era stata pure finanziata da Regione e Unione Europea.

© Copyright 2018 Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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