Giada, il ricordo della cugina: «Io e te, le risate alla rotonda»

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Davanti alla bara di Giada De Filippo, che oggi sarà portata nella chiesa di Sant’Eustachio a Sesto Campano, il suo paese in provincia di Isernia, chi potrà dire di aver conosciuto davvero questa ragazza di 25 anni che lunedì si è uccisa lanciandosi dal terrazzo dell’università di Monte Sant’Angelo a Napoli? Non averla capita è il tormento dei suoi genitori, del fratello, del fidanzato. Non aver capito che Giada raccontava di andare all’università e invece non ci andava, di fare gli esami e invece non li faceva, di essere ormai quasi dottoressa e invece aveva inventato tutto, e pur di non doverlo confessare si è uccisa proprio nel giorno della sua finta seduta di laurea, con il vestito elegante e i parenti venuti dal paese per festeggiarla. Ma davvero si può dare l’addio a Giada pensando che non aver capito la tempesta che teneva dentro significhi non averla capita affatto?

Un legame forte

Luana De Filippo, che di Giada era la cugina più piccola e ha un viso dolce come lo aveva lei, ai suoi ricordi vuole crederci fino in fondo. Non vuole pensare che quando Giada sorrideva era finto anche il sorriso, che quando uscivano insieme, la cugina scherzasse con lei ma avesse la testa altrove. E ha ragione Luana. Il ricordo è l’unica cosa che di Giada può ancora proteggere e lei lo fa da ventenne quale è, con un post su Facebook che è una lettera d’amore firmata con un cuoricino rosso. L’ha intitolata Io e TE,e ha saputo trovare le parole non per piangere Giada ma per raccontarne l’allegria. La loro allegria. «Ci capivamo con uno sguardo e ci assecondavamo in tutto. Giravamo in macchina come matte di notte, facendo ogni volta 3 giri alla rotonda perché ti divertivi e quando sentivi una canzone che ti caricava e ti dava energia iniziavi a cantare e io mi arrabbiavo perché sceglievi sempre canzoni in inglese. Dicevi di essere la mia mamma chioccia e che combinavo solo casini e tu dovevi ripararli. Prevedevi le mie scelte e sapevi anche dirmi a cosa mi avrebbero portato e mi lasciavi comunque libera di agire come meglio credevo, tanto poi sapevi che saresti dovuta intervenire tu a riparare i danni». Ricorda le loro telefonate in piena notte: «Ti va di farci un giro, giusto per prendere un pò d’aria? Ma è 1:30 è tardi Non fa niente, passo io tra 10 minuti».

E ricorda soprattutto come era Giada, quella vera, non quella rimasta prigioniera di una bugia che non ha avuto la forza di ammettere. «Eri una ragazza semplice e genuina, preferivi che ti regalassero un gambetto di prosciutto piuttosto che borse o vestiti. Eri felice quando mangiavi e ti piaceva la natura, fare lunghe passeggiate, grigliate e scampagnate. Amavamo la carne alla brace e le pizze nel forno a legna». Ma è difficile tenere a bada lo sconforto per un’intera lettera, e infatti Luana non ce la fa. «Non credo che riuscirò mai ad abituarmi all’idea di non sentire più il mio nome associato al tuo. Luana e Giada. Sempre insieme. Due sorelle. Due amiche. Due cugine. Unite in un’unica fusione “LuaDa” quella che tanto raccontavi perché da piccoline guardavamo Dragon Ball e volevamo trovare anche noi un modo per unirci e sentirci più legate. Mi chiamavi “lulù dagli occhi non blu” ed io ti rispondevo: “Grazie eh per ricordarmi sempre di non avere gli occhi blu”. E tu ridevi». E adesso anche Luana sembra ridere, o almeno sorridere, mentre scrive alla cugina. «Sul telefono avevi il mio numero salvato con scritto “Pollon” e mi cantavi la canzone “Pollon, Pollon combina guai”. Perché io ero davvero un gran casino e tu eri la mia mamma chioccia. Ora dovrai essere il mio Angelo perché io mica ho smesso di fare casini, sai?! Il nostro non sarà mai un addio ed Io e TE, lo sappiamo bene».

Il Corriere

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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