L’angolo dello psicologo. Negare la maternità: quando si rinuncia a riconoscere la propria infanzia

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Gentile dottore, sono una donna alla soglia dei 40 anni che finalmente ha la possibilità di realizzare una vita sentimentale piena e appagante. Dopo numerose relazioni superficiali ho conosciuto un uomo, mio coetaneo, con il quale ho una compatibilità caratteriale e una intesa emotiva assoluta. Tra poco ci sarà il matrimonio, andremo a vivere insieme e l’organizzazione del rito e  la scelta della casa ci ha visti uniti e felici. Ciò che mi fa tremare ora sono i suoi continui accenni alla famiglia e ai figli che desidera avere con me. Io non ho il coraggio di confessare che non voglio essere madre. Tacere fino alla fine sarebbe un tradimento, ma dirlo ora sarebbe il crollo di tutti i miei sogni con lui. Non so cosa fare e spero nelle sue parole chiarificatrici!
Renata (Quarto)
Volere un figlio è diverso da desiderare un figlio. Nella prima affermazione c’è una considerazione di tipo materialistica, come se ci trovassimo di fronte a un oggetto agognato, un feticcio di cui godere per il proprio soddisfacimento edonistico. Volere, infatti, anche per soddisfare la propria spinta egoica. Un figlio va desiderato, non è solo il frutto di un accoppiamento sessuale, va atteso (come si attende durante la gravidanza, in un modo che solo le donne conoscono), in un’attesa fatta di emozioni, angoscia, ansia, paura, responsabilità, per la nuova vita che deve arrivare. Una vita sognata nei minimi particolari, idealizzata, che si confonde con il proprio vissuto infantile, dal rapporto con la madre, nell’essersi sentita una figlia desiderata o “voluta”! Accettata o rifiutata! E’ anche questa la maternità; molte donne non riescono a restare incinta per motivi solo psicologici, non per disfunzioni organiche o biologiche, risolvendo il tutto solo dopo essersi riappacificate con il proprio mondo affettivo. Un figlio cambia la vita, anche entrando in contatto e prendendo consapevolezza di quella parte di sé che che si pensava sepolta, dimenticata, mai più ricompiuta. Una scelta condivisa, quella del figlio, che nasce da un progetto d’amore; da un desiderio di condivisione, non certo dipendente da una richiesta simile a quella di un gadget, un dono. La donna non va considerata come una funzionaria della specie. La maternità e la paternità si scelgono, perché se è vero che sono i genitori a generare il figlio, è anche vero che è il figlio a generare i genitori. La scelta della maternità implica un SI’, non inteso, come dicevamo, a volere un figlio,   ma come radicale apertura a sovvertire la propria vita. Riconoscer-si innanzitutto come figlio per sentirsi pronti, “autorizzati” alla nascita di un figlio, facendo diventare la propria parte mancante punto di forza: una nuova vita.
Dott. Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta
© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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