Marano, quando Barilla si interessò alla nascente area Pip e incassò il no del Comune. Gli “illuminati” dell’epoca optarono per altre scelte: i Cesaro, aziende di piccolo cabotaggio e tutto quel che sappiamo oggi

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Poteva essere un’opportunità per tutti: imprenditori, amministratori comunali, cittadini. Una grande opportunità sprecata nel peggiore dei modi. Sì, perché l’area Pip, l’area industriale di via Migliaccio, non è solo, anzi non fu solo un business a fortissimo odor di camorra, frutto di un accordo tra clan, imprenditori, funzionari pubblici, tecnici e politici locali, e non è stato e non è solo l’emblema di lavori e opere mal fatte, spesso corredate da atti falsificati. Il Pip è stato anche altro. Il Comune di Marano (epoca Bertini) rifiutò l’offerta della Barilla. Sì, avete capito bene, uno dei marchi più importanti del settore alimentare. Il management dell’epoca voleva investire lì, in quel lembo di terra di San Rocco un tempo ad altissima vocazione agricola e poi finita nel mirino degli speculatori. L’amministrazione comunale dell’epoca, però, fece spallucce (come confermato da ex amministratori di quel periodo), perché riteneva (ma a guardare le cose con la prospettiva odierna forse i motivi erano altri) che i capannoni dovessero essere occupati da più aziende, per avere una platea più vasta e maggior possibilità di impiego per i giovani e meno giovani di Marano. Quello che è accaduto è cosa nota: l’appalto per la realizzazione del complesso industriale è stato vinto dai Cesaro, un’altra società, la Giustino, fu (con qualche escamotage) eliminata dalla competizione, di aziende di grandissimo livello, a parte forse un caso, non ve ne sono e Marano non ne ha quasi beneficiato sotto il profilo occupazionale. Senza contare, naturalmente, tutti gli aspetti di carattere penale ancora oggetto delle indagini dei magistrati napoletani.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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