Marano. Due prefetti, due stili completamente diversi. Il “poliziotto” Tramonti e l’oratore Reppucci. Pregi e difetti di chi ha guidato e guida l’ente comunale

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Due stili diversi, due modi di fare, di mostrarsi e di concepire il ruolo del commissario straordinario del Comune. Imperturbabile, poco propensa ad essere cerimoniosa o accomodante con dipendenti e funzionari, perfezionista e con le idee chiarissime fin dal primo giorno Gabriella Tramonti, il commissario straordinario di cui ancora si parla a Marano.

Rimase in carica solo un anno, quello che traghettò il post Mario Cavallo e l’arrivo di Angelo Liccardo. Un anno intenso, quello vissuto dalla Tramonti al Comune. Si segnalò per alcune cose: mise in atto i primi distacchi della fornitura idrica nei confronti degli evasori dei canoni idrici, approntò un piano di rientro finanziario che prevedeva la vendita di parte del patrimonio immobiliare, con tanto di accordo con la Corte dei conti, poi sconfessato dalla giunta Liccardo e dai dirigenti del settore economico dell’Ente. Avviò una ricognizione delle case popolari, occupate perlopiù da persone senza alcun titolo e fu la prima a sgomberare una casa confiscata alla camorra. Avviò le operazioni contro i Simeoli, in via Marano-Quarto, e quella di via Salice, immobile occupato al tempo da Ciccio Carandente.

Il prefetto Tramonti compì anche un’altro atto rivoluzionario per Marano: spostò un funzionario comunale, spesso finito nel mirino della critica, e lo relegò ad altro settore. Fece anche altre cose, il commissario poi sbarcato in quel di Pompei e a Rimini. Nessuna confidenza alle forze politiche. Rispose per le rime a più di qualche imbonitore locale.

Quando arrivava al Comune non si muoveva una foglia: i dipendenti “tremavano” al suo passaggio nei corridoi. Un giorno, richiamandolo davanti a tante persone, disse a un vigile di tagliarsi la barba per una questione di decoro istituzionale. Fece anche qualche errore (chi non sbaglia) ma fu rimpianta da tutte le persone perbene della città.

Pregio: poliziotto mascherato da prefetto.

Difetto: troppo algida.

Stile completamente diverso quello del prefetto Antonio Reppucci, membro dell’attuale triade commissariale. Disponibile al dialogo, aperto, parlerebbe per ore ed ore con un microfono in mano. Il suo motto è “non fare agli altri ciò che non vorresti che gli altri facessero a te”. Non è uno che ama il bastone, insomma. Preferisce sempre la carota, anche quando servirebbe il pugno di ferro. Sospettoso, ama ripetere che non si fida di nessuno, è ben voluto però da alcuni esponenti politici del territorio. Assiduo frequentatore di convegni, feste patronali, sagre, è reduce dall’esperienza di Perugia non propriamente fortunata. A Marano cerca una rivincita. Sembrava animato da grandi propositi inizialmente, ma si è un po’ perso con il passare delle settimane, mal consigliato da qualche sottoposto e invischiato nelle diatribe e litanie interne all’ente cittadino. E’ a soli sei mesi del suo mandato e il giudizio sul suo operato non può essere ancora definitivo. Anche lui è un lavoratore, è testardo e tiene molto alla sua immagine.

Pregio: democratico.

Difetto: poco concreto.

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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