L’angolo dello psicologo. Padre padrone ai limiti della coercizione: una giovane donna senza vie di fuga!

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Gentile dottore, ho 25 anni e già mi sembra di avere una vita distrutta. Distrutta da cosa? Dai genitori, naturalmente. Sa come si dice, i genitori sbagliano credendo di far bene. Nel mio caso sbagliano riuscendo ad essere devastanti. Mio padre, autoritario e con manie di controllo, esercita il suo potere sia su di me che su mia madre, riuscendo a mantenerci sempre a bada con la paura, gli eccessi del suo cattivo carattere: si deve fare sempre a modo suo, altrimenti sono storie infinite, urla e minacce. Non c’è armonia, né tanto meno allegria nella famiglia a causa sua e io, figlia unica, subisco in silenzio i suoi divieti e la sua volontà per quieto vivere e per non far dispiacere anche mia madre. A lei rimprovero un atteggiamento remissivo e rinunciatario, senza coraggio. Intanto i fidanzati fuggono, gli amici, pure, non sentendosi ben accetti o apprezzati, né trattati con un minimo di cordialità. Non posso andare via perché non ho un lavoro fisso, ma forse non lo farei, comunque, perché temo per la salute mentale di mia madre. Non ho vie di fuga. La mia vita è veramente distrutta!

Alessandra (Pompei)

Non è separandosi che ci si separa. La separazione infatti non è riferita agli aspetti fisici, ma è intesa in modo molto più profondo; appartiene alla componente emotiva della persona, a quella parte esistenziale che fa di ognuno di noi un essere unico nella sua unicità di persona. Si viene al mondo separandosi, e quel grido che ci accompagna testimonia la prima grande angoscia che si vive per una scelta non propria: la nascita. Un grido che testimonia lo spaesamento per l’arrivo in un posto che non abbiamo scelto, voluto, e che può essere reso familiare solo da un abbraccio avvolgente che riporta a quella sensazione di funzionalità, di indifferenziazione, dove tutto è più ovattato, meno traumatico, dove il proprio sguardo sulla vita è accompagnato dallo sguardo dell’altro: si è in due, ma per uno! Non è semplice separazione del proprio vissuto, dalle emozioni che ci hanno accompagnato per una parte della propria vita. Spesso ci si ritrova a confrontarsi, da adulti, come genitori o come amanti, con le stesse modalità di chi ci ha accompagnato nella nostra crescita, collegandoci con fatti, sensazioni, momenti, che sembrano essere stati già vissuti. Nel contempo bisogna essere consapevoli che noi non siamo cloni del nostro passato, anche se intrisi di esso. Pertanto, essendo figli della vita, dobbiamo andare incontro ad essa, arricchiti dalle proprie esperienze, fino a renderci autonomi e responsabili delle proprie scelte. L’uomo, come essere dotato di ragione e non governato dagli istinti, può, attraverso l’elaborazione, prendere le distanze da pezzi della propria esistenza macchiati da parti cromatiche che non sono delle sfumature leggere. Non si può pensare di dimenticare, e di voltare pagina per iniziare una nuova vita: non è quello che si verifica, poiché nell’essere umano nulla va perso. Tuttavia attraverso una rivisitazione delle proprie profondità si può ricongiungersi alle parti profonde, osservandole da un altro punto di vista e attraverso la comprensione della nuova prospettiva si potrà vedere tutto sotto una luce diversa…Ma non si può pensare di camminare con la testa rivolta all’indietro, e per guardare avanti dobbiamo perdonare: il perdono è tale solo se riesce a perdonare l’imperdonabile!

Dottor Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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