Marano, gli Orlando, i Polverino, il Pip e la politica cittadina: il pm Di Mauro (Dda) è a un passo dal chiudere il cerchio

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I riflettori della magistratura sono ancora ben accesi e, dopo l’azzeramento del clan Orlando, nuove operazioni saranno effettuate sul territorio. Titolare dell’inchiesta che ha portato all’arresto di una trentina di persone, tutte legate alla famiglia dei “Carrisi”, molto nota anche per i suoi avi (Tanino ‘e bastimento e Totonno ‘o Mastrone, imparentato tra l’altro con un noto professionista di Marano), il pubblico ministero Maria Di Mauro, magistrato della Dda, la stessa che da circa due anni indaga anche sull’area industriale di via Migliaccio.

C’è un nesso tra le due operazioni? Probabilmente sì, anche se si tratta di questioni che si sviluppano in archi temporali completamente diversi. La Di Mauro sembra essersi inserita nel filone giusto: partendo dall’area industriale, realizzata da una società della famiglia Cesaro, ha scoperto molte cose. Si è imbattuta in storie già note da tempo a Marano e per molti versi già raccontate da Terranostranews.

Il teorema della Dda è il seguente: l’area industriale di Marano fu realizzata grazie a un accordo tra la politica cittadina in auge negli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, con il benestare del clan egemone dell’epoca, i Polverino, che nel complesso industriale aveva e ha anche qualche interesse. C’erano almeno due capannoni industriali, due dei 40, opzionati proprio dalla famiglia Polverino. Il pentito Perrone, lo stesso che ha ricostruito la genesi criminale degli Orlando, ha raccontato dell’interesse di Giuseppe Polverino nell’area Pip. Il Barone avrebbe investito 400 mila euro e avrebbe dovuto ricevere dai Cesaro – sempre secondo Perrone – più di un milione di euro. Perrone racconta anche dei frequenti incontri, avvenuti prima del 2011, tra gli esponenti degli Orlando e i pezzi da novanta dei Polverino. Durante questi incontri sarebbero state prese decisioni di non poco conto sul fronte criminale. Un gruppo dei Polverino, i pochi ancora in libertà, sono stati inglobati di recente proprio dagli Orlando.

Uno degli imprenditori taglieggiati (e denuncianti) dagli Orlando, Antonio Di Guida, cresciuto politicamente con il defunto sindaco Dc Lello Credentino, è indagato (è scritto nell’ordinanza cautelare sugli Orlando) per concorso esterno in associazione mafiosa (clan Polverino). Il riferimento è proprio al Pip?

La Di Mauro, e sarà questo uno dei prossimi step, ha capito che alcuni degli affiliati agli Orlando hanno supportato politici del territorio, vuoi per legami familiari, vuoi per altre ragioni. Quei politici, tra indagati e non indagati, divenuti anche assessori comunali, hanno rivestito ruoli di primo piano nella giunta Liccardo sciolta per camorra. Un altro indizio da non trascurare, insomma. Alla luce di quanto sta emergendo (molte cose le avevamo scritte in tempi non sospetti) lo scioglimento del municipio appare più che giustificato. Non c’era solo immobilismo, non ci furono solo strane pressioni, come quelle relative alla mancata sfiducia di Liccardo nel dicembre del 2015, proprio quando Di Guida si allontanava con il suo gruppo politico dall’allora maggioranza e gli Orlando si impossessavano della città. In quel periodo qualche personaggio border line, esponente di famiglie in odor di camorra, invitava o richiamava all’ordine un consigliere (votato proprio da determinate famiglie) convocato nello studio di un notaio dove si sarebbe dovuta firmare la sfiducia nei confronti dell’ex sindaco forzista.

La Procura, con un ottimo lavoro sul fronte delle intercettazioni ambientali, si è ben inserita anche nel filone delle estorsioni. Il racket contro pezzi grossi e piccoli dell’imprenditoria cittadina. Minacciati o taglieggiati, come non era mai accaduto in precedenza, piccoli geometri, ma anche grandi personaggi, oltre ai cugini Di Guida, del campo calzaturiero o orafo. Significative appaiono le esternazioni di Armando Lubrano, uno dei portavoce del latitante Antonio Orlando, alias Mazzolino. “Ci siamo presi il Paese, ora ci dovete dare una mano per i carcerati e per il paese. Fate conto che queste richieste non le faccio io ma direttamente mio zio”: queste le minacce rivolte ai Di Guida, che avrebbero dovuto pagare una maxi tangente di 400 mila euro. In un’altra conversazione telefonica si fa riferimento ad un incontro,voluto dagli Orlando, con un imprenditore da vessare che si sarebbe dovuto svolgere nel mercato ortofrutticolo. Già, il mercato, altra zona da sempre sotto la gestione di determinate famiglie.

Sempre seguendo la pista del Pip e delle rapine e dei sequestri subiti e denunciati qualche anni fa da Antonio Di Guida, inoltre, la Di Mauro, i carabinieri del Ros e gli altri militari dell’Arma che indagano hanno raccolto spunti e indicazioni per ricostruire la storia di villa dei Gerani, complesso residenziale dei Colli Aminei che porta la firma del duo Di Guida-Basile, quest’ultimo ammazzato dalla camorra due anni orsono. Indagini in corso anche su questo filone.

A Di Guida viene chiesto, inoltre, per fronteggiare alle richieste estorsive di vendere un appartamento a San Giovanni a Teduccio. E’ un’idea proposta all’imprenditore dal gruppo degli Orlando dediti alle estorsioni. Chi sapeva di quella palazzina e quanto avrebbe potuto fruttare? Chi lo riferì agli Orlando? Nell’ordinanza si fa riferimento (ma è tutto da provare, naturalmente) a nomi ben precisi, nomi di imprenditori legati da vincoli di parentela proprio con la fazione degli Orlando.

La Procura, che finora si è mossa con circospezione sull’area Pip (nel registro degli indagati figurano solo i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro e qualche tecnico), sta lavorando a tutto spiano (e a breve ci dovrebbero essere sviluppi) per chiudere il cerchio anche su qualche politico o ex tecnici e funzionari del Comune di Marano. L’operazione Pip sarebbe stata avallata dai Polverino, ma ci sarebbero interessi anche da parte di qualche Orlando, di un gruppo imprenditoriale della città, di qualche palazzinaro della zona e personaggi molto noti nella sfera politica cittadina, alcuni dei quali già ascoltati dagli inquirenti.

Il procuratore aggiunto Giuseppe Borrrelli, nel giorno degli arresti del gruppo Orlando, ha annunciato che ci saranno nuove operazioni e che la Procura interverrà anche sulle questioni inerenti ai mancati distacchi degli allacci abusivi, con particolare riferimento alla zona di Montesanto, roccaforte di un’altra storica famiglia malavitosa: i Nuvoletta, con a capo quel Lorenzo, nipote del defunto boss Lorenzo e figlio dei Ciro, arrestato proprio nella retata contro gli Orlando.

Si sta chiudendo e si deve chiudere, insomma, il cerchio su tutto: imprenditoria, organizzazioni criminali, strategie estorsive, politica e pubblica amministrazione. Si sta facendo luce, pian pianino, su molti filoni. Ci sono, però, ancora tante zone d’ombra. Che fine hanno fatto i 5 milioni di euro elargiti dalla Regione per l’area Pip? Chi ne ha beneficiati? Per cosa sono stati utilizzati? Sono finiti nelle mani sbagliate? Chi doveva vigilare su quei finanziamenti e soprattutto sui lavori da eseguire nell’area? Perché non si è saputo mai nulla dell’azienda che avrebbe avuto interesse a partecipare al bando per l’area Pip e di cui invece si persero misteriosamente le tracce?

E ancora: quali accordi si celavano dietro altre operazioni a forte connotazione mafiosa eseguite sul territorio? Quali? Palazzo Merolla, l’ampliamento cimiteriale, operazioni immobiliari discutibili come quella del Galeota e tanto altro ancora. Tutte operazioni avviate all’inizio degli anni Duemila e tutte (o quasi) firmate da un unico regista.

 

 

 

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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