Napoli, lite sul nome tra i Sorbillo. La pizza finisce in tribunale

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I Condurro, i Mattozzi, gli Oliva, I Coccia. E ora i Sorbillo. Quella dei pizzaioli napoletani, sopravvissuti ai colleghi carnacuttari, maruzzari e ostricari che ora si vedono solo nelle foto Alinari, non è solo una storia di zùmmari e pagnuttelle, di orciuoli e di pani ancora da lavorare. O di moderne sfide lanciate da Tokio a San Diego a colpi di tipicità meridionali. È anche una storia di famiglie divise perché concorrenti, di eredità contese, di avvocati e di ricorsi al Tar. Tanto più ora che le «marinare» e i «ripieni», con o senza cigoli, danno da lavorare più dell’Italsider e dell’Alfa-Sud al tempo del boom economico. È appunto al tribunale amministrativo che si è rivolto Gino Sorbillo, il più noto dei pizzaioli napoletani, e anche il più creativo dell’ultima generazione. Lo ha fatto per bloccare il cugino Luciano che ha appena aperto un locale nella centralissima via Depretis. A due passi, cioè, dal Maschio Angioino e dalla stazione del metrò di piazza Municipio, che quando sarà finalmente inaugurata — succederà! — passerà alla storia per essere la più bella e imponente d’Europa.

Pizza contro Higuain

«Ho sopportato per venti anni, ma ora devo tutelare la mia famiglia», ha raccontato Gino a Il Mattino. E manco a dirlo, la notizia della guerra per il cognome è balzata subito in prima pagina, perché Sorbillo a Napoli è una vera potenza commerciale e mediatica: twitta con la stessa velocità con cui impasta. È sua la prima pizza contro Higuain, quando la punta azzurra decise di passare alla Juve. È sua quella contro il Gambero Rosso, quando nel 2012 la rivista decretò che la migliore «margherita» si mangiava a Verona. Così come sue sono le «marinare» e le «bufaline» contro i leghisti antimeridionalisti e le signore speciste che indossano le pellicce. Non c’è fronte di lotta civile che non lo veda impegnato. E anche palcoscenico su cui esibirsi: per la gioia, ad esempio, di Antonella Clerici che lo ha avuto ospite a «La prova del cuoco». Nel 2011, Gino Sorbillo si presentò, ma fece una figuraccia, perfino alle primarie per il sindaco, quelle che poi — buon per lui — il Pd annullò tra le polemiche. Subito dopo polemizzò invece con De Laurentiis che aveva avuto l’ardire di confessare l’inconfessabile: preferiva la pizza romana a quella napoletana.

 Gli avvocati

L’ultima campagna è però per il marchio di famiglia. Gli avvocati di Gino hanno sollecitato un provvedimento di urgenza che il Tar, in attesa della sentenza di merito, ha già accolto. L’altro Sorbillo per ora dovrà rinunciare al nome sull’insegna, ma non si ritirerà in buon ordine. Gli argomenti non gli mancano. Se il più famoso Gino è figlio di Salvatore, ventunesimo e ultimogenito di Luigi, il fondatore dell’impero — parliamo del 1930 — Luciano è infatti il figlio di Rodolfo, il primogenito. Nell’albero genealogico è dunque ben posizionato. Controreplica: sì, vabbé, ma quel ramo lì della famiglia — dice Gino — si è sempre occupato d’altro. Replica alla controreplica: non scherziamo, la mia famiglia — sostiene Luciano — ha già aperto una pizzeria a Napoli nel 2007 e in quell’occasione nessuno ha fiatato. Ulteriore argomento a favore di Luciano: papà Rodolfo non si adattò a vivere di rendita, ma per tenere vivo il mercato, un giorno si inventò la pizza con il cornicione ripieno di ricotta. Quella che oggi imitano tutti. Ulteriore argomento a favore di Gino: nel suo menù c’è anche una pizza dedicata alla mitica zia Esterina, ed è quella fritta da mangiare in piedi. La ragione di tanto contendere è dunque il business.

Il Corriere

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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