I luoghi del cuore. Dint’e vicoli e sta città…voglia ‘e turnà: la Napoli che non si dimentica

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Chi viene in visita, in questa Napoli nostra, amata e vituperata, ci lascia gli occhi; i colori, i paesaggi che spuntano improvvisi, dietro un viale o sulla sommità di una scala, i mattoni di tufo delle case antiche, le colline che degradano al mare, i vicoli.  Condividiamo tanta bellezza volentieri con una folla di turisti stupiti, interessati, mai come in questi ultimi anni numerosi, avidi di scoperta, persino commossi davanti a un quadro di Solimene, sulle passerelle degli attracchi di barche a Mergellina, a cospetto dello “sterminator Vesevo”, sulla soglia di un palazzo del ‘700, nel centro storico. Napoli città dei segni, dei pensieri, del possibile e dell’impossibile, città della memoria, città verticale che si può attraversare dal basso all’alto e viceversa, oltre che in orizzontale, città di ombre e luci. La luce, quella del mare, del sole che si leva dietro al Vesuvio, del cielo quando è azzurro e terso, splendente, a cui muti solleviamo lo sguardo, con un sospiro, un ringraziamento per il clima così dolce e mite. E  le ombre, quelle dei suoi vicoli, affollati, che sanno di storia e di cibo sul fuoco, in un dedalo di inerpicanti ramificazioni: gli intestini di Napoli. Nei vicoli i “bassi”, stanze ammobiliate, miniappartamenti antelitteram, disegnano, con fantasia e a volte con degrado, l’ immagine coreografica forse scontata di una città che ha combattuto con dignità e coraggio ogni avversità, ogni miseria…e il buio della sua ineluttabile e beffarda sorte, quella di essere un paradiso tenuto insieme dal caos, impastato con la malavita, denso di normalità, ricco di eccellenze, comunque pieno di contraddizioni.
Dal suo studio di Palazzo Filomarino, Croce si affacciava sulle “anguste vie…che dirigono alla città alta”, i brulicanti vicoli a ridosso di Toledo, i Quartieri di Marotta, quelli  costruiti nel XVI secolo per i soldati, detti comunemente i Quartieri Spagnoli. I vicoli sono l’anima della città, sono i vicoli di Toledo e di Forcella da cui “cento bocche cento occhi e cento mani” uscivano, secondo Malaparte, da tutte le finestre, ad afferrare  il cibo, le calze, il caffè distribuiti dagli Americani…Sono i vicoli che passano sotto le antiche porte della città, sotto Port’Alba, e le sue bancarelle, sotto porta San Gennaro, con i suoi affreschi inaspettati e preziosi. Sono i cardines che attraversano i decumani, l’antica pianta greco-romana della città, che nasconde la città sotterranea. Chi attraversa un vicolo non può che condividere il suo mistero, i suoi suggerimenti di vita quotidiana, di varia umanità. Anche dentro un vicolo, tra le ombre, ancora gli occhi si alzano, e si scopre ancora un lembo di cielo: “doce accussì, pe chi vene e vò truvà na scusa, pecchè vò restà”. (Teresa De Sio)
© Copyright Emilia Pirozzi, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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