Passato il Natale, ecco cosa resta: la sensazione di aver vissuto giorni caotici e stancanti, rincorrendo una costruzione forzata, rispettando i canoni di una partecipazione a un clima natalizio che per me è invece presenta soltanto aspetti consumistici e materiali. Alla gioia degli altri si contrappone una sorta di lutto, di tristezza, che mi prende e mi porta ad estraniarmi, in una condizione di malinconia accentuata ancor di più dall’ allegria altrui. Compro regali, partecipo alle cene, scartoccio i regali degli altri, ma non sento allegria vera, lo faccio perché mia mogli e i miei figli me lo chiedono. Il mio stato d’animo si contrappone al clima che vivono gli altri; vorrei essere partecipe, anche per i miei bambini, ma non ci riesco in modo profondo, oltre l’apparenza. Non so il mio reale desiderio qual è, so solo che vorrei stare in un posto diverso, dove poter ricongiungermi con i miei reali sentimenti.
Emilia, Marano.
Non sempre è festa! Per alcune persone infatti l’approssimarsi delle feste in genere è motivo di apprensione, ansia, depressione, tutti stati d’animo che contrastano con il clima gioioso, che accompagna il rito religioso o laico. E’ la festa (se vogliamo a volte anche un po’ forzata) che accompagna il rito a generare angoscia, distacco, come se ci si volesse allontanare dai rituali che sanciscono il vivere comune, la convivialità, la condivisione. Il bisogno quindi di assumere la parte dello spettatore, rispetto a quella del partecipante. Osservatore di un tempo che non è mai passato e che nel rito si riattualizza con forme di malessere esistenziale. Stati d’animo che non nascono oggi, come diceva il nostro lettore, ma che hanno origini più lontane nella storia personale e che non sono mai stati elaborati. Un distacco, una separazione, un evento drammatico, si fanno vivi in questi momenti, assumendo forme di simbolizzazioni che in effetti presentificano l’assenza di un qualcosa, di un qualcuno, che non è partecipe in quel momento. Nasce allora il bisogno di isolarsi, di desiderare la dimensione intimistica, una sorta di oblio che rimanda ad altri momenti. Ci si rende allora conto che non è colpa del Natale se non si riesce a sintonizzarsi con il clima generale, ma semmai di sensi di colpa che non concedono di andare avanti con il tempo, rimasto fissato nel passato. E come per magia il tempo fermo, fissato, può essere rotto solo dalla sorpresa che potrebbe venire fuori anche da un dono gradito, che va colto nel segno di colui che ha pensato a noi in quel momento. Se vogliamo Natale è anche questo, oltre al clima festoso e forzato che si rincorre: il Natale come festa del dono, oltre gli aspetti materialistici legati alla cultura consumistica.
Dott. Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta
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