Sexcetera, in….fertility day, per chi suona la campanella…

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Oggi si celebra il primo Fertility day, dedicato all’informazione sulla fertilità umana. Al di là dell’utilità di una campagna incentrata su questi temi e della modalità utilizzata per la comunicazione, è bene fare un poco di chiarezza.

Già nel 2006, una relazione illustrativa del Senato, segnalava la drastica riduzione della natalità in Italia, addirittura dimezzata rispetto al 1960.

L’età media delle donne che fanno il primo figlio è notevolmente aumentata. È notevolmente aumentato il numero di donne oltre i 35 anni che porta avanti una gravidanza e quindi è stato lanciato un vero e proprio allarme demografico.

Guardare i dati demografici è importante, perché ci permette di capire dove stiamo andando. In un futuro prossimo il nostro paese sarà dominato dai capelli grigi. In Italia si fa meno di un figlio e mezzo a coppia. Quindi si nasce notevolmente di meno. Così la popolazione tende non solo a ridursi, ma soprattutto a sbilanciarsi sui più vecchi, che per fortuna vivono più a lungo perché siamo diventati più bravi a curare le persone anziane.

Sembra che nel 2025, meno di un terzo della popolazione sarà al di sotto dei 40 anni. Immaginate che, tra meno di quarant’anni, 1/3 della popolazione in età lavorativa dovrà sostenere con il proprio lavoro, i 2/3 della popolazione che hanno superato il limite dell’età lavorativa. Potrà mai essere possibile tutto questo?

Pertanto, il problema della scarsa natalità è certamente un problema sociale. Le motivazioni della ridotta natalità sono complesse e spaziano dalla difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, alla preoccupazione di non riuscire a provvedere al sostentamento di un proprio figlio.

Infatti, i giovani risentono dei gravi problemi causati dalla crisi economica, con la difficoltà a trovare un lavoro che non sia precario o a termine, la mancanza di servizi per la famiglia, quali asili nido e servizi di assistenza all’infanzia, la difficoltà di conciliazione tra vita privata e lavoro, dato che ancora troppo frequentemente gli uomini non sono collaborativi in casa.

Ecco perché l’età media degli uomini e delle donne che fanno il primo figlio è notevolmente aumentata. Così come è aumentato il numero di donne che portano avanti una gravidanza dopo i 35 anni.

Ma se per gli uomini il problema dell’orologio biologico incide molto relativamente per le donne la fertilità cala drasticamente dopo i 35 anni e ancora di più dopo i 38, 40 anni.

Ma per superare questo impasse servono politiche strutturali per garantire lavoro e continuità di reddito, interventi per assistere la natalità e supportare la genitorialità e sono legittime le critiche mosse al ministero per quella che è sembrata una propaganda retrograda e anche velatamente sessista.

Detto questo però, dobbiamo riflettere tutti sul tema della tutela della salute riproduttiva, sia gli uomini che le donne, indipendentemente dal fatto che si sia single o in coppia, se si desidera diventare genitori o meno.

Perché la nostra fertilità è molto labile ed è suscettibile all’ambiente esterno. Pertanto, sono sempre più in aumento le coppie che fanno ricorso al servizio sanitario per problemi di fertilità che potevano essere prevenuti.

Il nostro sistema riproduttivo, infatti, può essere messo a rischio da fattori ambientali, da malattie sistemiche, da patologie dell’apparato riproduttivo e dal nostro stile di vita. L’inquinamento ambientale, pensiamo per esempio alla terra dei fuochi, può compromettere seriamente la nostra fertilità.

L’endometriosi, spesso diagnosticata con notevole ritardo, si associa frequentemente a infertilità. Mentre, se fosse diagnosticata in tempo e trattata adeguatamente in centri specializzati, potrebbe essere associata a una buona prognosi. Purtroppo, capita sempre più spesso incontrare uomini o donne con una patologia neoplastica.

Queste persone hanno il diritto di aspirare non solo alla possibilità di guarigione ma anche di conservare la propria capacità riproduttiva, pure se in quel momento hanno ben altro a cui pensare e non hanno in programma di costruire una famiglia.  Pertanto, bisogna fare interventi quanto più possibile conservativi e offrire la possibilità, facendo maggiori investimenti sui centri pubblici di procreazione medicalmente assistita, di conservare i propri spermatozoi o ovociti con la tecnica della crioconservazione. Però la fertilità può essere minata anche da alcune abitudini di vita scorrette.

È compito degli operatori della sanità, dei medici di medicina generale e dei pediatri, spendere qualche parola in più per informare i pazienti e divulgare alcuni concetti fondamentali, affinché ci si prenda cura della propria salute riproduttiva.

Infatti, alcuni stili di vita, non solo creano danni nel presente ma possono creare danni anche nel futuro, per quanto concerne la vita riproduttiva.

Il pediatra per esempio, dovrebbe informare i genitori di come l’obesità infantile, nei bambini e nelle bambine, possa compromettere la fertilità futura.

Bisognerebbe fare campagne antifumo e far capire quanto Il fumo incida sulla fertilità, diminuendo nella donna sia la qualità sia la quantità delle cellule uovo, fino a indurre la menopausa in giovane età e nell’uomo danneggiando la qualità del liquido seminale. Anche l’alcool determina una riduzione della fertilità e anche in questo caso in entrambi i sessi. E infine ci sono le malattie legate al comportamento sessuale.

Le malattie a trasmissione sessuale possono compromettere in alcuni casi in maniera irrimediabile la fertilità e una corretta educazione sessuale rivolta agli adolescenti può aiutare a mantenere una buona salute riproduttiva.

Purtroppo dobbiamo dire che vi sono non poche difficoltà a introdurre l’educazione sessuale nei programmi scolastici delle scuole.

Infatti, per quanto i consultori siano tenuti ad elaborare progetti di educazione alla salute sul tema dell’educazione sessuale/sentimentale, non hanno quasi mai le risorse sufficienti per potere raggiungere la platea scolastica perché si investe poco o nulla sui progetti che hanno una valenza preventiva.

Inoltre, nel nostro paese, nessuna proposta è riuscita a raccogliere i consensi sufficienti per il varo di una legge nazionale e pertanto sta alla sensibilità della dirigente scolastica, data l’autonomia di cui gode la scuola pubblica, l’accoglienza di progetti di educazione sessuale e affettiva nella scuola.

Pertanto, per non rischiare di scivolare dalla celebrazione del fertility day alla celebrazione dell’infertility day, sarebbe opportuno un impegno di tutta la collettività, affinché si crei un terreno favorevole alle scelte riproduttive di ciascuno.

Perché la responsabilità sociale e la responsabilità sanitaria è un qualcosa che riguarda tutti e che passa attraverso la politica, le scelte economiche, la cultura, la scuola, la sanità, la famiglia e ogni singolo individuo.

Maria Rossetti, sessuologa e ginecologa

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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