Mentana e i webete, spopola il neologismo coniato dal giornalista

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Spopola lo straordinario neologismo coniato da Enrico Mentana. Eppure la stupidità da Facebook è anche un frutto amaro della dieta mediatica degli ultimi trent’anni

webete1Lei è un webete”. Poche ore e il neologismo coniato dal giornalista e direttore del Tg La7 Enrico Mentana in una risposta a un commento a un post di ieri diventa trending topic. Migliaia di condivisioni su Facebook, hashtag su Twitter, appelli fra il serio e il faceto all’Accademia della Crusca: tutti vogliono “webete” nel dizionario. Ora. “Webete” is the new “petaloso”. Forse.

Il termine ha una straordinaria efficacia. Non c’è dubbio. E c’è perfino da domandarsi come mai non sia stato coniato prima, ha perfino un sapore particolarmente anni Novanta dal momento che allude più al generico web che ai social. Ci inchiniamo alla potenza di Mentana, che di questo passo rischia di scippare posto e ruolo a Gianni Morandi quale guru da bacheca, chinando umilmente la testa.

Tuttavia rimane qualche dubbio, al di fuori del divertissementlinguistico. Ebete si lega benissimo al termine “web”, a cui mangia due lettere su tre confezionando una sorta di imbattibile crasi.

Eppure “ebete” significa, secondo la Treccani, “ottuso di mente, deficiente. È usato soprattutto come epiteto ingiurioso, anche come sostantivo”. Una situazione che deve dunque preesistere alla sua manifestazione sul web, e in particolare sui social.

Come abbiamo sempre detto, queste piattaforme forniscono la ribalta a posizioni, idee e contenuti che prima sarebbero rimastirelegati a platee microscopiche, intime, ristrettissime. Platee così miserabili da depotenziare di per se stesse la più mortificante opinione. Può anche essere, come alcuni studi hanno dimostrato, che imprigionandoci in una bolla pseudoinformativa a senso unico i social network producano perfino risultati peggiori. Presto per dire se esista una specifica “stupidità da Like”. Ma potrebbe essere un buon campo di studio per qualche sperduta università statunitense.

In altre parole, come ha scritto il blogger, autore ed esperto di media digitali Antonio Pavolini proprio su Facebook, “Mentana ha ragione su tutto, tranne una cosa: non esistono i “webeti”. Esistono gli ebeti, e indovinate cos’hanno visto per 30 anni? La TV”.

Insomma, se quel “webete” serve a definire un deficiente che fra i suoi mezzi espressivi utilizza anche i social network va benissimo. Se in quel “webete” si nascondesse invece una neanche troppo sottile venatura di causalità – non è un caso che moltissimi utenti abbiano commentato, in seguito, proprio in questo modo, interpretando il termine come battesimo definitivo di tutti gli imbecilli da Facebook – allora la faccenda cambierebbe. E Mentana si allineerebbe a quelli che quello stesso web non riescono a raccontarlo in modo diverso, attribuendogli in fondo colpe non sue. Almeno non per natura.

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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