Sexcetera, l’angolo della dott.ssa Rossetti. Quando la presenza dei figli nel lettone condiziona la vita sessuale dei genitori

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La nascita di un bambino cambia lo stile di vita, i sentimenti e il rapporto tra i partner. Il modo con cui un bambino è accolto dalla coppia non è solo questione di piani, metodi e strategie. Molte coppie prendono l’abitudine di far dormire il neonato nel proprio letto. Questa pratica, nota con il nome di cosleeping, in alcuni casi è protratta oltre il secondo anno di vita.

Il dibattito tra chi si schiera a favore e chi contro il co-sleeping è storico. Però, di solito, le considerazioni non sono mai fatte in funzione degli adulti. Sono assolutamente convinta che in fatto di sonno ognuno debba seguire il proprio istinto e in questa scelta, entrano in gioco molti fattori. Una coppia appagata e felice troverà mille modi per avere una sessualità soddisfacente, anche se il bimbo che dorme nella camera dei genitori non agevola la ripresa dell’intimità e della vita sessuale. Però, se tollerare il figlio nel letto matrimoniale comporta una vera e propria rinuncia  a funzioni centrali della vita personale e dell’armonia della coppia, allora ci si deve cominciare a interrogare. È pur vero che con l’arrivo del figlio entrambi i partner hanno bisogno di ritrovare un nuovo equilibrio, sia fisico che emotivo.

Dal punto di vista fisico è bene che la donna attenda dalle 4 alle 6 settimane dal parto prima di riprendere i rapporti sessuali per permettere il normale assestamento dell’utero e la cicatrizzazione di eventuali lacerazioni e punti di sutura. Il parto vaginale riduce il tono muscolare della vagina e forse noi ginecologi non insistiamo abbastanza su quanto, la ripresa dell’attività sessuale, faciliti il ripristino del tono muscolare del pavimento pelvico. Anche gli elevati livelli di prolattina, ormone dell’allattamento, abbassano la libido e aumentano la secchezza vaginale. Talora però, questa castità si protrae ben oltre il superamento di questi problemi fisici, come se l’aver avuto un figlio colmasse ogni desiderio.

Perciò bisognerebbe chiedersi, se al momento dello “svezzamento” dal lettone, specie nelle situazioni di bambini più grandi che continuano a mantenere quest’abitudine, la mancanza di taglio, anche simbolico, del cordone ombelicale, non sia un pretesto per rinunciare a una sessualità mal vissuta. Le cause di vulnerabilità di coppia, che sottendono sottaciute disfunzioni sessuali, possono essere tante e soprattutto incide la situazione della coppia prima del concepimento. Tuttavia a mio avviso, sono principalmente due gli aspetti che possono determinare un blocco nella sessualità della coppia dopo la nascita del figlio.

Innanzitutto i rapporti con le famiglie d’origine. Perché, quando un uomo e una donna formano una coppia, più si consolida il loro legame, con regole proprie, più s’indebolisce il legame con le rispettive famiglie di origine. Oggi è più frequente vedere giovani che hanno difficoltà a raggiungere una buona individualità, perché ci sono maggiori ostacoli nel passaggio di consegne intergenerazionale, sia in famiglia sia in società: in famiglia vi è un’eccessiva protezione, nella società vi è un’eccessiva competitività/ esclusione. Questa, infatti, è l’epoca della longevità e del desiderio di eterna giovinezza, con il risultato che il genitore cerca di mantenere un ruolo centrale anche con il passare degli anni.

Queste difficoltà non sempre si risolve con la decisione di mettere su famiglia e lasciare la casa genitoriale. Per qualcuno pertanto, il reale rito di passaggio all’età adulta, avviene quando diventa genitore, perché è obbligato ad assumere nuove responsabilità e ruoli.

In alcuni casi, piuttosto che per una reale consapevolezza, si sceglie di fare un figlio per ben altre motivazioni. Per alcuni, superati i trent’anni è l’orologio biologico a spingere, piuttosto che un reale desiderio di genitorialità.  In altri casi, è la sopraggiunta gravidanza a far decidere la coppia. Infine ci sono casi in cui il figlio è concepito nel tentativo di porre riparo a una crisi di coppia.

Quando le coppie hanno difficoltà a staccarsi dalla famiglia d’origine, la loro unione ha carattere solo apparente e ciò, quasi sempre, si manifesta con una problematica sessuale.

Il secondo aspetto da prendere in considerazione è dato dalle difficoltà a portare avanti il proprio modello familiare e il proprio ruolo identitario, in questo periodo storico.

Per millenni i ruoli sociali, maschili e femminili, sono stati definiti dal destino biologico femminile. La donna doveva sedurre per essere mantenuta, prendersi cura dei figli, della casa e del marito. L’uomo soddisfaceva la propria pulsione sessuale con una o più donne. I figli avevano il ruolo di confermare la propria virilità e il lavoro gli assicurava una posizione sociale e gli permetteva di mantenere la famiglia. I compiti erano rigidamente divisi con l’uomo che si realizzava all’esterno e la donna all’interno delle mura domestiche.

La donna di oggi sente l’esigenza di far coesistere i bisogni di autonomia e autorealizzazione nel sociale, con quelli di maternità e l’uomo moderno sente il bisogno di condividere con la partner l’educazione e le cure del bambino, ritagliandosi uno spazio dal lavoro che gli consenta di agire anche la sua paternità.

Ciononostante, questo nuovo modello di famiglia, caratterizzato da un rapporto paritario tra i partner e un’interscambiabilità dei ruoli familiari, ha difficoltà a imporsi.

Questo perché, alla rapida evoluzione delle identità sessuali, non è corrisposto un accantonamento degli stereotipi di un tempo e al desiderio di creare due figure intercambiabili nei ruoli, non è corrisposto un adeguamento delle strutture sociali affinché tale interscambiabilità sia possibile.

Il senso comune indica ancora oggi che l’attaccamento è una faccenda che riguarda madre e bambino. Inoltre, al di là della legge, i datori di lavoro considerano inaccettabile il fatto che i padri chiedano il congedo genitoriale cui avrebbero diritto. Spesso le donne con la nascita del figlio sono costrette a uscire dal mercato del lavoro o ridurre sostanzialmente l’orario di lavoro.

Pertanto, quando con la nascita del figlio l’autorealizzazione femminile nel lavoro si riduce a mero sostegno economico della famiglia e la paternità a una saltuaria e furtiva presenza, anche la sessualità può risentirne. Infatti, anche i ruoli che si stabiliscono tra i partner definiscono il modo di vivere la sessualità. Nei ruoli di coppia tradizionali il marito si realizza nel sociale, la moglie nel privato della casa, avere figli rappresenta un dovere sociale e fare l’amore è quasi un tabù: ecco perché la sessualità passa sotto silenzio.  Non è un caso che l’origine etimologica della parola coniuge = cum iugo, “col giogo”, fa pensare che i coniugi, come i buoi, siano destinati solo “a tirare la carretta“.

Pertanto, questo “sesso che non va” talora indica una ferita all’identità della persona.

Per il 40 – 70% delle coppie vi è un declino della qualità coniugale nell’arco di un anno dalla nascita del primo figlio.

Attraverso la sessualità esprimiamo le parti più intime e profonde di noi stessi. Essa pertanto rappresenta un’area personale e della relazione di coppia particolarmente vulnerabile.

Oggi si è finalmente compreso quanto una vita sessuale appagante sia importante per l’equilibrio e la salute psicofisica di ognuno e per la crescita della coppia. Quando un problema affettivo all’origine di una crisi, individuale o di coppia, non ha altra strada per emergere, allora si manifesta a livello sessuale: ecco allora che il pene non ha l’erezione, la vagina si contrae e non permette la penetrazione, l’orgasmo arriva troppo presto o non arriva mai, il desiderio non si fa sentire. La chiusura della comunicazione, dopo la nascita del figlio, coinvolge la risposta sessuale a tutti i livelli, ma il disturbo più comune per entrambi i partner è rappresentato dal calo del desiderio sessuale: pare che ne soffrano addirittura il 33% delle donne e il 16% degli uomini.

Purtroppo molti hanno difficoltà a chiedere aiuto in caso di problematiche sessuali, essendo coinvolta una sfera molto intima e delicata. Pertanto, alcune coppie si rintanano in una facciata di benessere fittizio, in cui il figlio rappresenta l’elemento perno dell’unione, che può durare anche anni.

Ecco perché su certi letti dormono “silenziosi” non solo il neonato, tra bisogni di attaccamento e autonomia, ma anche la famiglia d’origine con il richiamo ai valori normativi tradizionali e la società tutta che in questa fase di transizione tra il vecchio e il nuovo non è riuscita ancora a trovare strategie efficaci di conciliazione tra ruolo sociale e familiare.

Per fortuna, la maggioranza delle coppie riesce a trovare soddisfacenti soluzioni che portano alla crescita del rapporto di coppia. Solo alcuni traghettano verso una crisi coniugale talora irreversibile e pochi altri, purtroppo, si cristallizzano su posizioni di benessere fittizio che succhia linfa dal figlio, e prima o poi, purtroppo, produrrà sintomi. Questo bambino, infatti, avrà l’oneroso compito di rappresentare il collante affettivo della coppia.

Alla luce di queste considerazioni ritengo che la scuola di pensiero a favore del co-sleeping sia valida quanto ogni soluzione, purché nella “transizione alla genitorialità” si acquisisca la capacità di essere sia coppia per i partner, sia genitori per i figli, perché è su questo che si gioca la positiva evoluzione della famiglia.

Maria Rossetti, ginecologa e sessuologa

© Copyright 2016 Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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